Periodicamente, torna d’attualità il dibattito che accompagna da lustri le modalità di accesso nei musei e zone archeologiche dello Stato, è di queste settimane il dibattito incentrato, in particolare, sull’accesso gratuito/semi gratuito per i cittadini residenti che spesso, molto spesso, vedono queste testimonianze come realtà estranee destinate al turismo . Si tratta invece di guardare a questi beni con il senso di identità e appartenenza, come elemento di crescita sociale, come luoghi dove trascorrere tempi anche brevi, solo per “incontratre” questa o quella testimonianza di civiltà, rivederla più volte e creare condizioni di benessere psicofisico. Insomma luoghi e beni da riavvicinare alla comunità locale..
Il pezzo che segue è stato pubblicato alcuni anni orsono e ripercorre la lunga storia delle modalità di accesso nei luoghi che conservano le Antichità e Belle Arti dello Stato.
Nel corso del 2017 è stato introdotto l’ingresso gratuito, la prima domenica di ogni mese, nei Musei e Aree archeologiche dello Stato ed è stato contemporaneamente soppresso il libero ingresso per i cittadini ultra sessantacinquenni.
La positività dell’ingresso gratuito la prima domenica di ogni mese ha tuttavia creato, in talune non poche situazioni, problemi di affollamento che non possono non porre domande e creare preoccupazioni per la sicurezza degli stessi beni culturali. Occorre una fase di riflessione e riconsiderazione complessiva, anche attraverso una attenta ricerca storico-documentale e l’analisi delle disposizioni che nel tempo hanno gestito le modalità di pubblica fruizione del patrimonio storico-artistico dello Stato.
Guardando quindi al passato e, in particolare, alle disposizioni normative che hanno regolato l’accesso nei musei, monumenti e aree archeologiche nel secolo scorso, dobbiamo constatare come oggi non si sia in presenza di una vera innovazione nel consentire il libero ingresso una domenica al mese. Infatti, leggendo il “Regolamento contenente norme per l’ingresso ai monumenti, ai musei, alle gallerie ed agli scavi di antichità dello Stato” approvato con Regio Decreto 8 giugno 1933, n. 889, vediamo che all’articolo 1 secondo comma, si diceva: “La domenica l’ingresso nei predetti istituti è gratuito”; non quindi la prima domenica, ma tutte le domeniche di ogni mese, siamo nel 1933, venivano previsti abbonamenti per il territorio nazionale o per una sola città, veniva anche previsto che agli studenti delle scuole medie che ottenevano una votazione di sette decimi, in almeno tre materie, veniva rilasciata una tessera di ingresso gratuito per l’intero periodo estivo. Insomma potremmo dire che l’attenzione per il bene culturale come bene comune e il diritto alla sua libera fruizione, come si direbbe oggi, era ampiamente considerata, nel presupposto che tali beni rappresentano un elemento imprescindibile di crescita sociale.
Nel secondo dopoguerra, con la legge 26 novembre 1955, n. 1317 di modifica delle precedenti disposizioni, si conferma, all’articolo due, come in tutte le domeniche l’ingresso è gratuito, salvo per alcuni siti dove la tassa è però ridotta al 50 per cento (tra questi il Palatino, il Foro Romano, Pompei, La Galleria Borghese e pochi altri), viene consentito il libero ingresso a tutti gli insegnanti di ogni ordine e grado e viene estesa ad un anno la possibilità del libero accesso agli studenti meritevoli, riprendendo la disposizione della precedente legge del 1933, creando un rapporto stretto tra attività scolastica e beni culturali.
La filosofia di tali previsioni è chiara, i cittadini debbono poter liberamente fruire dei beni primari, tali sono infatti quelli culturali, che soli consentono di arricchire il sapere e il senso di identità e di appartenenza.
Questo significa o per meglio dire non significa che non si debba valorizzare, anche in senso economico il patrimonio storico-artistico, secondo i principi originari della cd Legge Ronchey, significa banalmente che nel giorno libero dagli impegni si possa godere di un bene che ci appartiene, quella testimonianza di civiltà che ha reso unica la nostra penisola..
E’ matura e diffusa la convinzione, anche alla luce degli eventi pandemici del Covid19, che occorra una fase di riflessione sul come recuperare il rapporto tra cittadini e i beni culturali, tra residenti di un territorio e i beni culturali di quel territorio, oggi di fatto estranei ad ogni senso di appartenenza, non guardando a fattori economici ma a fattori inclusivi e di sviluppo sociale.
Da una analisi condotta a campione, si è rilevato come una percentuale altissima di popolazione residente, non è mai stata in un sito museale e/o archeologico del territorio di residenza o se vi è stata, in molti casi era riconducibile a visite effettuate durante il periodo di formazione scolastica primaria. Solo una minoranza, forse economicamente più forte, ha visitato più volte alcuni siti del territorio di residenza.
Una proposta minimale, oggi assolutamente e facilmente possibile,, sulla base dei dati emersi da più indagini, è quella di concedere, l’ingresso gratuito/semi gratuito, / o in alternativa, attraverso una card annuale, l’accesso ai siti statali presenti nell’area comunale o metropolitana, alcuni giorni della settimana; tutto ciò analogamente a quanto avveniva con le previsioni recate dalla legge n. 1317 del 26 novembre 1955, si può prevedere la riduzione della tassa d’ingresso in alcuni siti, dove l’afflusso era particolarmente rilevante, sempre e solo in alcuni predefiniti giorni infrasettimanali. L’ipotesi nasce dalla convinzione che tutto ciò renderà sempre più consapevoli i cittadini della significativa importanza dei beni culturali, della loro salvaguardia e tutela e della loro valorizzazione e conoscenza legando sempre più le comunità locali ai propri beni storico-artistici.
Occorre una fase di riflessione sul come recuperare il rapporto tra cittadini e beni culturali, tra residenti di un territorio e i beni culturali di quel territorio, non guardando esclusivamente a fattori economici ma a fattori inclusivi e di sviluppo sociale. Tutto ciò è possibile e doveroso anche alla luce delle previsioni costituzionalmente garantite.
Le disposizioni normative sopra citate, sono state pubblicate a suo tempo, per la loro più ampia divulgazione, dal Ministero dell’Educazione Nazionale nel 1937 (Ed. Poligrafico dello Stato) e dal Ministero della Pubblica Istruzione nel 1956 (Ed. Cartotecnica Moderna).