Il 15 gennaio 2024 è entrata in vigore la legge n. 206 del 27 dicembre 2023 (GU Serie Generale n.300 del 27-12-2023) recante una serie di disposizioni tese a “valorizzare e promuovere, in Italia e all’estero, le produzioni di eccellenza, il patrimonio culturale e le radici culturali nazionali, quali fattori da preservare e tramandare non solo a fini identitari, ma anche per la crescita dell’economia nazionale”.
Un tassello ritenuto significativo per il Governo Meloni che, sin dal suo insediamento, ha sostenuto l’importanza di valorizzare e difendere il marchio del “made in Italy”.
Scopo di questa breve riflessione non è quella di descrivere e commentare le azioni previste da questa nuova normativa che comunque coinvolge a tutti i livelli Istituzioni ed operatori pubblici e privati bensì quella di evidenziare come, prendendo lo spunto da due nomine tratte dalla cronaca economica-finanziaria avvenute quasi contestualmente tra fine 2023 e inizio 2024 e destinate a ricoprire significative cariche istituzionali, l’attuazione di questa riforma possa avvalersi dell’apporto di coloro che, pur non essendone consci, rappresentano l’ampio e variegato mondo di coloro che vengono definiti “Italici”.
Quella “Comunità Globale”, immaginata e non organizzata, fatta di persone, cittadini italiani e tutti coloro che, sparsi nel mondo, sono italo-discendenti ma anche tutti coloro che, pur non essendo italiani, condividono ideali e valori, modi di vivere e di relazionarsi, cultura e comportamenti “italici”.
Ma quali sono queste nomine che, possono rappresentare degli esempi inconsapevoli di “italicità”?
La prima riguarda la nomina in Banca d’Italia di Chiara Scotti come nuova vice direttrice generale al posto di Piero Cipollone (a sua volta nominato nel Board della BCE a Francoforte al posto del neo governatore Fabio Panetta). Una decisione che i media nazionali hanno voluto sottolineare in relazione all’aspetto “gender”, avendo così raddoppiato la presenza della rappresentanza femminile (da 1 a 2 su 5) nel Direttorio della Banca centrale, nonché per la sorpresa destata per una scelta inconsueta fatta andando ad individuare una figura professionale al di fuori della struttura interna di via Nazionale. Tuttavia non sembra essere stato evidenziato a sufficienza un elemento emblematico e caratterizzante di questa nomina vale a dire quella di una scelta per un effettivo rinnovamento e di una volontà di “apertura” a nuove esperienze se non addirittura “culture” così come quelle effettuate da tanti giovani e meno giovani ricercatori o studiosi italiani che sperimentano trasferendosi all’estero.
In questo caso la dott.ssa Scotti era stata di recente nominata a capo della ricerca della Federal Reserve (Fed) di Dallas dopo aver lavorato per anni alla Fed di Washington. Esperienze indubbiamente arricchenti professionalmente e culturalmente a livello personale ma anche altrettanto ampiamente apprezzate all’interno del complesso sistema delle banche centrali statunitensi presso le quali, e questo rappresenta un aspetto meno noto se non per gli “addetti ai lavori”, prestano servizio e collaborano tanti altri numerosi professionisti italiani. Basti pensare che nella solo sede centrale di Washington lavorano a stretto contatto con il Board una ventina di ricercatori-analisti ed esperti economico-finanziari italiani, rappresentando così il nucleo più numeroso di top manager non americani presso la stessa Fed !
La seconda nomina riguarda la scelta di Matteo Zoppas, presidente dell’ICE (l’Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane), di affidare il ruolo di suo portavoce al dott Carlos Mendes Pereira con il compito di contribuire al coordinamento della comunicazione istituzionale dell’Agenzia e di gestire i rapporti con i media e i canali digitali.
Anche in questo caso una scelta che, oltre ad includere nei criteri di valutazione merito e professionalità, sembra caratterizzarsi da un desiderio di uscire dagli schemi tradizionali esprimendo una volontà ad “andare oltre” per esaltare la ricchezza della pluri- o multi-identità che nel caso del dott Pereira, portoghese laureato a La Sapienza di Roma, può portare all’interno dell’Ente preposto al sostegno e promozione istituzionale del “made in” non solo una vasta pluriennale esperienza acquisita nel settore privato ma anche una visione allargata e diversificata derivante da una cittadinanza culturale europea se non addirittura globale.
Entrambe le persone citate non sono direttamente e personalmente conosciute dal redattore di questa breve riflessione che ha come unico scopo quello di evidenziare come alcune recenti scelte in posizioni apicali di Istituzioni pubbliche sembrino avvalorare la crescente rilevanza del soft power culturale nelle relazioni internazionali. Un soft power che, in un caso, riguarda il rientro di uno dei tanti “cervelli in movimento” (e non “in fuga”) che sempre più arricchiscono, con la loro sempre più qualificata (e numerosa) presenza, il ruolo del nostro Paese all’estero.
Il secondo esempio appare altresì emblematico in quanto esprime una reale volontà e una concreta capacità dell’Italia di attrarre risorse ed includere intelligenze per incrementare la capacità di dialogo ed innalzare, così, il proprio livello di competitività in termini anche di comprensione reciproca e, quindi, di integrazione.
Un soft power, quello della “italicità”, che ancora una volta si ritiene possa completare ed arricchire quello della “italianità” e del marchio internazionale del “Made in Italy”.