Nel sud est della Turchia, un team di archeologi dell’Università di Pisa rinviene numerosi sigilli di terracotta utilizzati per cifrare i documenti.
L’Università di Pisa ha diffuso i primi risultati della sua missione archeologica in collaborazione con l’Università di Münster (Germania). Dagli scavi dell’antica città di Doliche, nella provincia di Gaziantep, a sud-est dell’odierna Turchia, sono emersi i resti di un edificio che è stato identificato come l’antico archivio cittadino, il luogo in cui venivano conservati i documenti in papiro e pergamena. Questa identificazione è stata possibile grazie alle numerose impronte di sigillo in terracotta ritrovate dagli archeologi. Doliche era una città famosa nell’antichità per essere uno dei centri urbani più importanti dell’antica Siria del Nord. Era stata fondata sotto i Seleucidi, i successori di Alessandro Magno, ed era stata denominata, come molte altre fondazioni di quella zona, col nome della città greca da cui i coloni provenivano: Doliche in Tessaglia, vicino al Monte Olimpo.
“Il sito dell’antica Doliche – spiega Margherita Facella, professoressa di Storia greca e direttrice delprogetto pisano – è stato oggetto di indagini tedesche nei decenni passati e dal 2015 un team internazionale sotto la guida di Engelbert Winter ha condotto prospezioni e scavi, portando alla luce i resti di alcuni edifici pubblici, tra cui le terme romane. Accanto a queste erano stati identificate le tracce di un’altra costruzione, ora parzialmente scavata dai nostri archeologi. Si tratta di un archivio cittadino, come rivelano le più di 2mila impronte di sigillo in terracotta (cosiddette bullae) recuperate e sottoposte, laddove possibile, a pulizia e restauro che indicano chiaramente che qui venivano conservati documenti scritti su papiro e pergamena, andati poi distrutti a causa di un incendio. La sopravvivenza di questi reperti è un evento assai raro, possibile solo in caso di incendio e successivo abbandono dell’edificio: infatti, se da una parte il fuoco causa la distruzione dei documenti, dall’altra consente la cottura dell’argilla cruda su cui i sigilli sono impressi”. “Le poleis dell’Oriente ellenistico e romano dovevano certamente possedere archivi per la conservazione di documenti di carattere amministrativo e legale – aggiunge la professoressa Facella – La loro sopravvivenza, tuttavia, è un evento assai raro, possibile solo in caso di incendio e successivo abbandono dell’edificio. Infatti, se da una parte il fuoco causa la distruzione dei documenti, dall’altra consente la cottura dell’argilla cruda su cui i sigilli sono impressi, garantendone cosi’ la sopravvivenza. Nel 253 d.C., il re persiano Shapur I distrusse numerose città nella provincia romana della Siria, inclusa Doliche, come conseguenza di una sanguinosa guerra tra l’Impero Romano e quello dei Sasanidi”.
Queste invece le parole di Michael Blomer, professore dell’Università di Munster e visiting professor dell’Università di Pisa nel 2023, che ha co-diretto gli scavi: “Le immagini sui sigilli ufficiali della città sono direttamente collegate alla città stessa. Di solito mostrano le divinità più importanti come Giove Dolicheno, il dio principale della città. Le impronte dei sigilli privati più piccoli mostrano una vasta gamma di immagini e simboli che dicono molto sul patrimonio culturale e religioso degli abitanti di Doliche. Figure mitiche e rari ritratti privati indicano una forte influenza greco-romana su questa regione a metà fra Oriente e Occidente”. Le recenti scoperte hanno già permesso di avviare studi approfonditi sulle pratiche legate all’archiviazione dei documenti nell’antica Roma. Dunque, per il futuro, lo studio dei sigilli e delle impressioni sarà essenziale in ambito archeologico in quanto aiuterà a ricostruire la realtà amministrativa della città ed anche il suo tessuto culturale e religioso.