Più di cento opere dei maestri del Futurismo (in grande maggioranza, dipinti museali o d’importanti collezioni private, oltre ad alcuni disegni, progetti e oggetti d’arte) in esposizione da oggi fino al 9 febbraio, nella mostra “Futurismo”, allestita a Palazzo Blu di Pisa dalla Fondazione Palazzo Blu.
La rassegna che attraversa trent’anni di arte futurista dal 1910 al , si propone, per la prima volta, di provare come i più grandi fra gli artisti futuristi seppero rimanere fedeli alle riflessioni teoriche enunciate nei manifesti, traducendole in immagini dirompenti, innovative e straordinariamente felici sul piano artistico. In apertura della mostra lo spettacolare ritratto di Marinetti di Rougena Zatkovà, forse il più fedele al vulcanico temperamento del fondatore, e in chiusura “Prima che si apra il paracadute” (1939), l’opera di Tullio Crali scelta come immagine di copertina del catalogo della grande mostra “Italian Futurism 1909-1944. Reconstructing the Universe”, curata da Vivien Greene nel 2014 per il Solomon Guggenheim Museum di New York, con cui il museo rendeva omaggio al Futurismo, riconoscendogli un ruolo d’eccellenza fra le altre grandi avanguardie europee del primo ‘900. Il percorso è aperto dagli esordi divisionisti comuni ai cinque ”futuri futuristi”: Umberto Boccioni, Carlo Carrà, Luigi Russolo, Giacomo Balla, Gino Severini.
Scandita in sezioni intitolate ognuna a un manifesto, la mostra attraversa poi trent’anni di arte futurista. Dal 1910, con i due manifesti pittorici firmati dai giovani ”padri fondatori” al Manifesto della scultura futurista del 1912 di Boccioni. Segue poi il Manifesto tecnico della letteratura futurista, i cui principi furono formulati da F.T. Marinetti nel 1912 e i nuovi modelli architettonici, dettati nel 1914 da Antonio Sant’Elia nel testo L’architettura futurista. Con “Ricostruzione futurista dell’universo”, 1915, di Giacomo Balla e Fortunato Depero, si assiste alla nuova volontà dei due artisti di diffondere i modelli formali del futurismo sull’intera esperienza umana. In scena poi “L’arte meccanica” (1922), documento firmato da Enrico Prampolini, Vinicio Paladini, Ivo Pannaggi. il congedo è affidato al Manifesto dell’Aeropittura, 1931, firmato da Marinetti con Balla, Benedetta (Cappa Marinetti), Depero, Dottori, Fillia, Prampolini, Somenzi, Tato, che per tutti gli anni ’30 ispirò opere suggestive e spettacolari.
La mostra è stata resa possibile dalla qualità e quantità dei prestatori, ben 29, tra i quali figurano la Galleria Nazionale d’arte Moderna e Contemporanea di Roma; il Museo del Novecento e la GAM di Milano; il Castello Sforzesco di Milano; il Mart di Rovereto, il Museo Caproni di Trento.