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“L’archeologia invisibile” che svela i segreti dell’Antico Egitto

da | 14 Mar 2019 | Arte e Cultura, Mostre ed Eventi

Si può osservare l’interno di una mummia egizia senza comprometterne lo status, senza rimuovere i bendaggi che la ricoprono ed avvolgono oppure vedere con i propri occhi come era esattamente il sarcofago dello scriba reale Butehamon con i suoi decori e colori esterni ed interni? Oggi sì: grazie alla tecnologia. Ed è su queste relazioni tra archeologia e nuove scienze tecnologiche che si basa la mostra “Archeologia invisibile” in programma al Museo Egizio di Torino sino al 6 gennaio 2020. I reperti della collezione torinese saranno svelati dalla tecnologia grazie ad un lavoro che nasce dall’incontro fra la ricostruzione storica degli archeologi e dei conservatori del Museo Egizio sulla propria collezione e gli strumenti mutuati dalle più recenti frontiere dello sviluppo tecnologico. Il progetto della mostra muove proprio dall’intento di esplorare l’affascinante dimensione di quell’attività d’investigazione che le moderne apparecchiature, applicate alle modalità d’indagine e ricerca dell’egittologia, consentono di compiere nello studio di un reperto archeologico: grazie alla crescente interazione con la chimica, la fisica o la radiologia, il patrimonio materiale della collezione di Torino rivela di sé elementi e notizie altrimenti inaccessibili, che permettono di tratteggiarne volti ancora ignoti.

Curata dal direttore del Museo Egizio Christian Greco e dall’egittologo Enrico Ferraris, la mostra si articola in tre sezioni dedicate alla fase di scavo, alle analisi diagnostiche, a restauro e conservazione ed a loro volta suddivise in dieci sottosezioni tematiche che propongono dimostrazioni concrete delle differenti aree di applicazione di questo connubio fra l’egittologia e le nuove tecnologie, a cui peraltro l’allestimento stesso ricorre, caratterizzandosi con installazioni multimediali e spazi d’interazione digitale per un’esperienza di visita immersiva, supportata da un’audioguida dedicata, realizzata dalla Scuola Holden. Sarà quindi possibile osservare, ad esempio, che sotto le bende delle mummie egizie di Kha e della sua sposa Merit si celano monili preziosi: bracciali, collane, orecchini e uno “scarabeo del cuore”. Questo è il risultato che emerge dalle analisi radiografiche e dalle Tac a cui è stata sottoposta la coppia di 3400 anni fa, conservata da oltre un secolo al Museo Egizio di Torino. I gioielli che indossava la coppia sono stati inoltre ricostruiti grazie alla tecnologia delle stampanti 3D.

“Questa mostra esprime appieno la natura profonda del Museo Egizio e ne consolida la posizione al fianco dei principali attori della comunità scientifica internazionale”. – Ha affermato Christian Greco, direttore del Museo Egizio – “aspiriamo infatti ad affermarci prima di tutto come centro di ricerca, impegnato ad accrescere ogni giorno la conoscenza sulla cultura materiale dell’Antico Egitto, indagando con modalità sempre più innovative i reperti della collezione ed il loro contesto archeologico. ‘Archeologia invisibile’ è quindi il risultato, ancor prima che di un obiettivo espositivo, della preziosa opera condotta dagli studiosi del Museo Egizio, resa possibile da investimenti stabilmente destinati alle attività di documentazione, di indagine, di conservazione e di restauro, proprio come quelle compiute sui reperti oggi in mostra e sulla base delle quali il progetto espositivo si fonda.”

Fitta la rete di collaborazioni nazionali e internazionali che ha contribuito alla realizzazione di “Archeologia Invisibile”, sviluppata con università, istituti di ricerca, enti e istituzioni di tutto il mondo: un sistema di relazioni che va dagli Stati Uniti – è il caso del Massachusset Institute of Technology – alla Gran Bretagna, dal Giappone alla Germania, dall’Olanda all’Egitto, passando per numerose prestigiose realtà più prossime, come il Centro Conservazione e Restauro di Venaria Reale (To), i Musei Vaticani e il CNR.

Per Enrico Ferraris, egittologo del Museo Egizio e coordinatore scientifico della mostra, “gli strumenti e le tecnologie attorno a cui si sviluppa il progetto espositivo di Archeologia Invisibile sono ormai supporto integrante dell’agire quotidiano degli studiosi del Museo Egizio. Il nostro dipartimento collezioni e ricerca conduce tale lavoro ponendosi al centro di una fitta rete di relazioni e partnership internazionali, finalizzate ad alimentare costantemente non soltanto un confronto a carattere archeologico, ma anche l’interazione multidisciplinare, attraverso un flusso continuo di informazioni per la condivisione di esperienze, modalità d’intervento, competenze, risultati ecc. Percorrere la mostra permette così di sondare un ulteriore livello di invisibilità dell’archeologia, in quanto ne svela anche lo stretto legame con aree scientifiche apparentemente lontane, ma senza il cui contributo oggi sapremmo molte meno cose sull’Antico Egitto”.

Numerose anche le attività didattiche in programma con cui saranno approfonditi tutti i temi presentati nelle sale: dalle tecnologie impiegate per gli scavi archeologici allo studio della chimica dei colori, dall’analisi dei resti umani e animali al restauro dei papiri e dei tessuti.

Inoltre,per gli addetti ai lavori il programma di attività di ricerca connesso ad “Archeologia Invisibile” culminerà nel prossimo mese di dicembre con un simposiodove convergeranno le numerose collaborazioni nazionali e internazionali che il Museo Egizio ha instaurato a partire dal 2015, anno del rinnovamento del percorso espositivo. In coerenza con l’impianto interdisciplinare dall’esposizione in corso, saranno ospitati studiosi dal profilo eterogeneo: filosofi, archeologi, neuroscienziati, restauratori, esperti di archeometria.

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