Le donne, i cavallier, larme, gli amori, le cortesie, laudaci imprese io canto
Il celebre attacco dellOrlando Furioso di Ludovico Ariosto andato in stampa nel 1516 potrebbe costituire il motivo guida della grande mostra Armi e potere nellEuropa del Rinascimento ospitata fino all11 novembre 2018 nella doppia sede di Palazzo Venezia e Castel SantAngelo. Ideata e prodotta dal Polo Museale del Lazio diretto Da Edith Gabrielli in collaborazione con il Polo Museale dellEmilia e Romagna si avvale della cura di uno dei massimi esperti del settore, Mario Scalini, curatore anche del ponderoso catalogo Silvana Editoriale che presenta il contributo di Massimo Carlo Giannini.
Esposti 160 pezzi, restaurati e riordinati per loccasione, fra armature intere, armi da difesa e da offesa, da caccia e da torneo, armi bianche e da fuoco, elmetti, spade, corsaletti, balestre, mazzapicchi, schiniere, archibugi, pistole provenienti in gran parte dallArmeria Odescalchi conservata a Palazzo Venezia e dallArmeria di Castel SantAngelo, a cui si aggiungono prestiti da molti musei e fondazioni italiani e stranieri, dal Museo Stibbert di Firenze, alle Gallerie Estensi di Ferrara, allHistorisches Verein Neuburg.
Aut Caesar aut Nullus titolo di una delle dodici sezioni in cui si suddivide la mostra (che ricalca il più famoso Aut Caesar, aut nihil, il motto di Ladislao I dAngiò Durazzo), adottato da Cesare Borgia, detto il Valentino, uomo di potere e sfrenata ambizione, potrebbe, scrive il professor Scalini, essere preso a epigrafe di una rassegna che legge la grande stagione del Rinascimento come momento apicale della congiunzione tra ricerca formale e funzionale nellambito delle armi. Come a dire che in certi periodi della storia dellumanità lestetica ha quasi prevalso sul fine meccanicistico, la funzionalità ha dovuto cedere il passo alla magnificnza in modo da rendere manifesto il potere del principe. Le armi, strumento di difesa e offesa, diventano espressione visibile della potenza di chi governa, opera come sono di veri e propri artisti, oggetto di invidia e desiderio a un tempo. Una lezione ben presente a Ferdinando de Medici, già cardinale romano, gran giostratore e fortunato amante di Giulia Farnese, cui si deve la prima galleria darmi che la storia ricordi, andata purtroppo quasi perduta con gli Asburgo al governo di Firenze.
Fra i pezzi più rari e famosi lelmetto da campo chiuso, forse di Ferdinando I dAsburgo, la Borgognotta di Stefano Corsini e soprattutto la splendida spada alla cinquedea appartenuta a Cesare Borgia avuta per il matrimonio con Carlotta dAlbret. Venne realizzata da Salomone da Sesso alias Ercole de Fedeli, ebreo di nascita convertito al cattolicesimo, che lavorò per gli Este e i Bentivoglio. Oggi è conservata presso la Fondazione Caetani di Roma, ma il fodero si trova a Londra al Victoria and Albert Museum.
Altri pezzi da non perdere la Schiniera sana con scarpa per unarmatura di Massimiliano I dAsburgo incisa da Dürer, larmatura da a cavallo appartenuta a Ercole dEste, larmatura da barriera di Odoardo Farnese, la spada con elso a nastri e anello paramano, già di Carlo V dAsburgo. Autentici oggetti di oreficeria gli archibugi, le pistole, le fiasche per la polvere dorate, decorate, finemente cesellate con intarsi in osso con stemmi, scene mitologiche e di caccia. Come la carabina a doppio fuoco con lo stemma della famiglia Von Strumm dono della sposa allo sposo datata 1576.
Unesposizione in luoghi così fortemente connotati ha richiesto un allestimento particolare (curato da Sonia Martone, direttrice di Palazzo Venezia e dal Dipartimento di Architettura de La Sapienza), in sintonia con gli spazi, che esalta il ruolo simbolico e rituale che le armi hanno avuto nel Rinascimento. Castello è noto anche per le collezioni darme e in particolare Palazzo Venezia che conserva lArmeria Odescalchi che nasce dalla passione del principe Ladislao (1846 1922) che ha contatti con diversi antiquari italiani ed europei, riordinata dal nipote Innocenzo nel palazzo romano di Piazza SS. Apostoli. Forte di circa duemila pezzi, nel 1959 venne donata al Museo Nazionale di Palazzo Venezia.
Dopo una sosta nella stanzetta del video per entrare in atmosfera a Palazzo Venezia è un susseguirsi di armature, elmetti, spade lucenti e finemente decorate, archibugi intarsiati e incisi. In una vetrina spiccano quattro sculture in legno di pino cembro intagliato, policromo e dorato, che rappresentano i mercenari di fanteria tedesca, i lanzichenecchi con le loro armature e nel loro particolare abbigliamento. Come si vedono nelle incisioni di Dürer. Tristemente noti per il Sacco di Roma del 1527. Al centro le vetrine con le armi, sulle pareti la serie dei Cesari, olio su tavola opera di Ludovico Dondi che si rifà a Tiziano, in prestito dalla Pinacoteca Nazionale di Siena, e tre grandi arazzi cinquecenteschi con il Banchetto nuziale di Peleo e Teti, le Storie di Giuditta e Oloferne e la Nascita e giovinezza di Paride. E i ritratti dei protagonisti, Emanuele Filiberto di Savoia di Giacomo Vighi detto Argenta, dalla Galleria Sabauda, il Valentino di ignoto.
La mostra si snoda lungo le sala dellAppartamento Barbo, la Sala del pappagallo, la Sala delle fatiche di Ercole e nei grandi saloni monumentali, in un crescendo di spettacolarità. Nella Sala del Mappamondo, dominata dal grandioso camino e dallo stemma di Papa Cybo, viene simulata una scena di guerra, mentre nella Sala delle Battaglie si assiste a una autentica scena di teatro in cui a guidare è il colore. Dame, cavalieri e prelati in abiti di scena bianchi, rosso sangue, nero, cremisi interpretano la loro storia. In mezzo testi preziosi in piccoli spazi protetti.
Non meno scenografica lesposizione di Castel SantAngelo che inizia dal Cortile di Alessandro VI (detto anche Cortile del teatro per aver ospitato al tempo di Leone X Medici rappresentazioni teatrali), e termina nel Cortile donore o Cortile dellAngelo dominato dalla statua di San Michele Arcangelo realizzata da Raffaelo di Montelupo alla metà del 500 per la terrazza più alta del castello, qui trasferita nel 700. Spettacolare il colpo docchio della Sala dellApollo affrescata da Perin del Vaga in cui spicca limponente camino di Paolo III opera di Raffaello di Montelupo, a seguire la Sala della Giustizia ricavata dal nucleo del Mausoleo di Adriano e la Sala di Clemente VIII Aldobrandini. Fra i pezzi esposti il Guardiano del sepolcro in legno intagliato e dipinto del Museo Stibbert di Firenze. In mostra accanto alle armi e alle armature ci sono anche altri oggetti legati al mondo della caccia, della guerra e della sua dimensione cortigiana, come i dipinti e le rotelle da pompa. Ecco la Rotella da pompa realizzata da Filippo e Francesco Negroli per Carlo V nel 1541 che ha al centro un mascherone sbalzato e cesellato e la Rotella di Cosimo I de Medici, dipinta con scene di battaglia e firmata da Stradano. La battaglia è quella combattuta a Marciano in Val di Chiana il 2 agosto 1544 che segnò la fine della libertà di Siena. Alle armi della mostra si aggiungono quelle dellArmeria di Castello. Fra i dipinti il Ritratto del granduca Ferdinando I de Medici in veste di Gran Maestro dellOrdine di Santo Stefano di Tiberio Titi (larmatura che indossa è del principale armaiolo granducale Mariano Gambacurta), il Ritratto di Francesco Maria II della Rovere in corsaletto di Francesco Barocci e il Ritratto di Francesco Colonna dalla brillante carriera militare, dipinto da Girolamo Sciolante da Sermoneta.
Un discorso a parte meritano i libri, preziosissimi prestiti della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze. Si va da quelli che sinseriscono nel filone del cantare cavalleresco in rima come Febus el forte, di anonimo che in sei cantari in ottava rima narra le gesta di Febus, prode cavaliere errante alla corte di Re Artù, al prezioso manoscritto riccamente illustrato e decorato Historia di Lancillotto del lago, ai Disegni di macchine e di architettura di Francesco di Giorgio Martini, al Bellifortis che presenta carri, macchine dassedio, macchine idrauliche e la più antica raffigurazione della cintura di castità. Fra i Trattati diversi di mascalcia si segnala uno dei primi trattati dellarte veterinaria nel Medio Evo, composto in latino alla metà del duecento da Giordano Ruffo maniscalco dellimperatore Federico II di Svevia. E veri e propri classici dellarte della guerra come il De re militari (in italiano) dellumanista Roberto Valturio, consigliere di Sigismondo Pandolfo Malatesta, a cui lo dedica, pubblicato nel 1483 a Verona, considerato una sorta di enciclopedia della guerra praticata e teorizzata dagli antiqui. Unopera che ebbe amplissima fortuna e diffusione. Una delle copie più sontuose appartenne a Federico da Montefeltro probabilmente il primo studioso della guerra. E il più celebre di tutti lArte della guerra di Machiavelli, steso nel periodo di ozio forzato seguito alla caduta della Repubblica fiorentina. Dedicato a Lorenzo di Filippo Strozzi, ambientato nella cerchia degli amici di casa Rucellai, condanna le armi mercenarie e teorizza la creazione di una milizia cittadina in grado di difendere il territorio dagli attacchi nemici.
Orario: Castel SantAngelo, Lungotevere Castello 50, tutti i giorni ore 9.00 19.00.
Palazzo Venezia, Piazza di San Marco 49, dal martedì alla domenica 8.30 -19.30. Fino all11 novembre 2018. Informazioni: 06-32810410 e www.art-city.it