“Essere donna nell’antica Pompei”: la mostra che restituisce voce e volto alle protagoniste del passato

da | 24 Apr 2025 | Arte e Cultura

Inaugurata nella Palestra Grande del Parco Archeologico di Pompei la mostra “Essere donna nell’antica Pompei”, un’esposizione dal forte impatto culturale ed emotivo che si propone di riscrivere, o meglio di ridare visibilità, al ruolo delle donne in una delle città più emblematiche dell’antichità. Curata da Francesca Ghedini e Monica Salvadori in collaborazione con le Università di Padova, Salerno e Verona, la mostra si snoda come un viaggio complesso e stratificato attraverso la realtà femminile del mondo pompeiano, dalla sfera privata a quella pubblica, dalla condizione privilegiata alla marginalità sociale.

Otto sezioni per raccontare la complessità del femminile

L’esposizione si sviluppa attraverso otto sezioni tematiche, che non inseguono un’idea astratta di “donna” ma esplorano invece la pluralità delle figure femminili nella città antica. Dalle matrone alle schiave, dalle liberte alle prostitute, dalle imprenditrici alle tessitrici, il percorso espositivo restituisce un mosaico variegato di esistenze, individualità e ruoli sociali, spesso dimenticati o marginalizzati nella narrazione storica tradizionale. “Il nostro intento,” spiegano le curatrici Ghedini e Salvadori, “è stato quello di far emergere le storie reali, i nomi, i volti. Non volevamo un’immagine stereotipata del femminile antico, ma la sua verità stratificata, archeologica, fatta di dati, reperti e interpretazioni.”

Affreschi, graffiti, oggetti d’uso quotidiano, iscrizioni, monumenti funerari: ogni elemento esposto è stato scelto per ricostruire l’habitus culturale in cui le donne vivevano. È un’archeologia della mente, oltre che dei corpi e delle cose. La mostra non si limita a esporre reperti, ma li dispone secondo una topografia sociale, creando un racconto immersivo in grado di far parlare i resti. Esemplare, in questo senso, la sezione dedicata alla vita pubblica, dove emergono figure di grande rilievo come Eumachia, sacerdotessa e benefattrice, o Mamia, commemorata con un sepolcro d’onore lungo la via dell’eternità.

Il telaio come metafora: tessere memorie e identità

Un elemento altamente simbolico è rappresentato dalla ricostruzione di un telaio nella Casa della Venere in Conchiglia. Non è solo uno strumento di lavoro domestico, ma anche una potente metafora. “Le donne di Pompei non solo tessevano stoffe, ma anche memorie,” si legge nel catalogo della mostra. “In questo senso, anche l’archeologo diventa un tessitore, che riannoda fili spezzati, ricostruisce narrazioni interrotte.”

Il restauro in diretta: una finestra sul lavoro dietro le quinte

Tra i momenti più significativi spicca sicuramente la presentazione al pubblico, in un’inedita modalità “live”, di una scultura di recente scoperta, frutto di scavi condotti presso la necropoli di Porta Sarno. Un rilievo funebre raffigurante un uomo e una donna a dimensioni quasi reali. L’opera è stata rinvenuta in una tomba monumentale nell’ambito del progetto di ricerca Investigating the Archeology of Death in Pompei, coordinato dall’Università di Valencia in collaborazione con il Parco Archeologico.

Considerato il ritrovamento recente e il valore simbolico della scultura, si è deciso di sottoporla a un intervento di restauro direttamente in mostra, davanti agli occhi dei visitatori. Una restauratrice, in camice bianco e dotata di occhialetti con lente d’ingrandimento, piccoli pennelli e faretto, lavora ogni giorno con attenzione millimetrica. È una scena potente, che invita a riflettere non solo sul passato ma anche sul lavoro quotidiano che si cela dietro la conservazione del patrimonio culturale.

“Abbiamo scelto di restaurare la scultura ‘in vetrina’ per mostrare al pubblico il dietro le quinte del nostro lavoro,” spiega Gabriel Zuchtriegel, direttore del Parco Archeologico di Pompei. “Si tratta di una scoperta straordinaria, avvenuta in una zona ancora fuori dal Parco, che ci ha posto di fronte a sfide logistiche e scientifiche. La donna raffigurata, probabilmente una sacerdotessa, aveva un ruolo di rilievo nella società, forse addirittura superiore a quello dell’uomo che le è accanto. Questo ci dice molto sulla complessità e sull’articolazione dei ruoli femminili nella Pompei antica.

Un ponte tra passato e presente

Il percorso espositivo si conclude con una sezione metacritica sul presente, che omaggia le pioniere dell’archeologia – come Carolina Bonaparte e Wilhelmina Jashemski – e riflette sulla rappresentazione del femminile nel cinema. È un invito a vedere nel passato uno specchio, una guida, forse anche un monito.

Pompei si rivela ancora una volta un osservatorio unico per lo studio della quotidianità antica. “Se in altri contesti le donne appaiono come figure evanescenti, qui si impongono con forza,” osservano le curatrici. “Sono presenti nei cubicula e nei thermopolia, nei corredi funerari e nei segni del mecenatismo urbano. La loro presenza è concreta, incisiva, strutturale.”

“Essere donna nell’antica Pompei” resterà visitabile fino al 31 gennaio 2026. È un’opera rigorosa e coinvolgente che mette in dialogo scienza, memoria e identità. In un luogo come Pompei, dove il tempo si è fermato per poi riprendere a pulsare attraverso le scoperte, la voce delle donne torna finalmente a farsi sentire.

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