Si è aperta il 3 dicembre alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea, diretta da Renata Cristina Mazzantini, la tanto attesa mostra sul Futurismo dedicata a Filippo Tommaso Marinetti nel novantesimo anniversario della morte. Inaugurata col corollario di qualche polemica dal Ministro della Cultura Alessandro Giuli, dopo circa due anni dall’annuncio del predecessore Gennaro Sangiuliano, la mostra “Il tempo del Futurismo”, questo il titolo, è curata da Gabriele Simongini.
Una mostra complessa, enorme, tanto da occupare 26 sale in cui vengono presentate ben 350 opere, molte delle quali di grandissimo valore, attraverso le quali è possibile ripercorrere la storia di quel movimento così importante per il nostro paese e in senso lato per l’Occidente tutto. Con prestiti che vanno dai Musei Vaticani, “Nevrastenia” di Ginna 1908 alla Collezione Peggy Guggenheim di Venezia Giacomo Balla “Velocità astratta+rumore”1914, all’Estorik Collection di Londra, al Moma e al Mtropololitan di New Y0rk. E moltissimi documenti e pubblicazioni. Una rassegna di dimensioni inusuali non solo per il numero dei pezzi esposti, dipinti, disegni, sculture, oggetti d’arredo, mobili, auto e strumenti d’epoca e per il loro valore intrinseco, altissimo, ma soprattutto per gli agganci alla cultura tout cour, al progresso di una società vivace, una società in espansione.
Nel “Manifesto dei pittori futuristi”, questo il titolo del documento firmato l’11 febbraio 1910 da Umberto Boccioni, Carlo Carrà, Luigi Russolo, Giacomo Balla e Gino Severtini si faceva esplicito riferimento ai divisionisti Gaetano Previati e Giovanni Segantini e a uno scultore rivoluzionario come Medardo Rosso. A questa pattuglia, qualche anno dopo, nel 1914, Boccioni aggiunse il divisionista Giuseppe Pellizza da Volpedo. Proprio sulla forza innovativa e sulle basi tecniche del Divisionismo che si era affermato nel 1891 alla Triennale di Brera, si baserà il Futurismo, mentre Medardo Rosso sarà decisivo per la scultura futurista, fluida e smaterializzata.
Altro insegnamento che viene dai Divisionisti è l’utilizzo dei colori puri, non impastati sulla tavolozza, ma affidati all’0cchio di chi guarda. Legata al Simbolismo è la scelta dei soggetti più lirici. Partendo da questa considerazione si spiega perché la mostra inizi proprio con le opere di Pellizza da Volpedo, Previati, Rosso e Segantini. Sono i “padri nobili” della pittura futurista a cui si aggiunge Giacomo Balla che essendo stato a Parigi nel ‘900 si era impadronito dei principi divisionisti che poi trasmise ai suoi giovani allievi, Boccioni, Severini e Sironi. Con loro inizia la vera e propria mostra sul Futurismo che è anzitutto un invito al puro godimento estetico, a cui si aggiunge tutto il resto, gli addentellati storici, filosofici, sociali e di costume.
Nella “Ricostruzione futurista dell’universo”, pubblicata a Milano l’11 marzo 1915 da Balla e Depero che si dichiaravano “astrattisti futuristi”, si legge: ”Noi futuristi Balla e Depero vogliamo realizzare questa fusione totale per ricostruire l’universo rallegrandolo, cioè ricreandolo integralmente…”. Sull’onda di questo manifesto rivoluzionario si svilupperanno le prime rilevanti sperimentazioni futuriste nell’ambito dell’arredo, della scenografia, degli allestimenti, dell’oggettistica, della moda, dell’editoria, dell’architettura, del cinema e della grafica pubblicitaria.
Come da programma la prima sala si presenta come un concentrato di alta pittura, fra Divisionismo e Futurismo. Fra “Il Sole” di Pellizza da Volpedo (1904) E “Lampada ad arco”(1910 – 1911) di Balla in prestito eccezionale dal Moma di NewYork. Un cambio epocale fra antico e moderno, fra Pellizza che si rifà alla natura e Balla che inneggia all’elettrificazione in omaggio al manifesto di Marinetti “Uccidiamo il chiaro di luna” del 1909. In mostra anche una lampada ad arco utilizzata agli inizi del Novecento dall’ingegner Franco Magni per la sperimentazione di sistemi di comunicazione senza fili. E ancora di Segantini “Pascoli di primavera” e “Alla Stanga”, di Pellizza “Tramonto nel vento” e “Il sole” e di Boccioni “Tre donne”. Ma non basta, nella stessa sala sono esposte due scultore di Medardo Rosso in cera gialla.
La terza sala presenta ben dieci dipinti, fra cui “Periferia” e “Autoritratto” di Boccioni, di Balla “La pazza”, di Luigi Russolo “Autoritratto con teschi”. Ma è nel salone che si raggiunge l’apice sia per le opere che per l’allestimento. Due automobili d’epoca, un sidecar, voluminosi clacson e trombe per auto. E su una parete un lunghissimo dipinto “La caduta degli angeli” del ’13 di Previati con il quale, scriveva Boccioni, “…le forme cominciano a parlare come musica, i corpi aspirano a farsi atmosfera, spirito e il soggetto è già pronto a trasformarsi in istato d’animo”. Di fronte una rossa Maserati del ’34. Alle pareti il meglio del meglio del periodo: Severini, Russolo, Soffici, Carrà e Boccioni con il bronzo “Sviluppo di una bottiglia nello spazio”1912 (1935).
Gli amanti delle auto e delle moto d’epoca non possono farsi sfuggire la parata di pezzi in mostra. Viene dal Museo della Motocicletta Frera di Tradate il Sidecar Frera F HP 4 (1014), un gioiello di eleganza. E dalla Collezione Righini di Castelfranco Emilia la “Fiat Chiribiri. Siluro record chilometro lanciato tipo V 1912”. E poi i giornali d’epoca come “LE FIGARO”di cui è in mostra naturalmente la pagina che pubblica il “Manifesto del Futurismo”.
A Marconi, che non poteva mancare in una prospettiva di progresso e apertura al nuovo come quella dei Futuristi, sono dedicate due sale. Accanto al modello che riproduce in scala il panfilo “Elettra”comprato da Marconi nel ’19 e attrezzato a laboratorio viaggiante, sono in mostra apparecchi per la telegrafia senza fili, ricevitori per segnali telegrafici trasmessi via radio. Ma anche apparecchiature come l’intensimetro in grado di misurare le radiazioni emesse da una sorgente di raggi X. E poi strumenti sonori originali come il “Ronzatore”, lo “Scoppiettatore”, il “Crepitatore” e “L’ululatore”, opera di Luigi Russolo, compositore, pittore, inventore, firmatario del manifesto “L’arte dei rumori”.
Come è facile intuire in una esposizione così ampia e complessa è impossibile citare tutte le opere e ovviamente si possono seguire metodi diversi per non perdere l’essenziale, decidendo secondo i propri gusti e i propri interessi. Ma nonostante questo forse sarebbe stato utile, soprattutto per chi non ha dimestichezza con le mostre, suggerire qualche chiave di lettura. Ci sono, è vero, per ogni sala schede che forniscono informazioni sul periodo, sugli autori, sulle opere, sui movimenti, ma forse non basta. Sarebbe stato meglio suggerire uno o più itinerari preferenziali, percorsi legati agli artisti, ai temi, alle tecniche, allo sviluppo delle teorie e soprattutto alle ricadute nella società. Si pensi alla “Ricostruzione futurista dell’universo” con quel legame strettissimo fra arte e vita.
Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea. Viale delle Belle Arti -Roma
Orario: dal martedì alla domenica, dalle 9 alle 19. Chiusa il 25 dicembre e il primo gennaio. Fino al 28 febbraio 2025