La mostra ‘Impressionisti e la Parigi fin de siècle’ è curata da Vittorio Sgarbi e Stefano Oliviero
La Basilica di Santa Maria Maggiore alla Pietrasanta a Napoli ha aperto le porte alla mostra ‘Impressionisti e la Parigi fin de siècle’. La mostra è un omaggio al rivoluzionario movimento artistico francese nato 150 anni fa, con la prima esposizione parigina che ne segnò il debutto ufficiale sulla scena mondiale, il 15 aprile 1874. L’esposizione è prodotta da Navigare Srl in collaborazione con Polo Culturale Pietrasanta e Lapis Museum ed è a cura di Vittorio Sgarbi, in collaborazione con Stefano Oliviero. Inoltre, la mostra è patrocinata da Regione Campania e Città di Napoli.
Ben 69 le opere esposte in tre sezioni
Sono ben 69 le opere esposte dal 23 novembre 2024 al 27 aprile 2025, realizzate da 40 artisti prevalentemente francesi. La mostra è suddivisa in tre sezioni, che tracciano la storia delle origini e le evoluzioni dell’Impressionismo, sulla scena della Parigi di fine secolo. La prima sezione, intitolata ‘La rivoluzione realista e l’École de Barbizon. La strada verso l’Impressionismo’, vede la presenza di 18 opere, per lo più dipinti a olio e acqueforti, realizzate da artisti della Scuola di Barbizon, tra i quali: Corot, Delacroix, Rousseau, Millet, Courbet, Lecomte, dediti alla pittura paesaggistica e realistica e punti di riferimento per gli Impressionisti.
La seconda sezione – ‘La conquista degli Impressionisti’ – entra nel vivo della storia del movimento artistico. Ben 21 gli artisti presenti, con 45 opere. Le opere qui presenti sono soprattutto incisioni e disegni, che mettono in luce i lavori di studio e di preparazione per opere di grandi artisti come, tra gli altri, Cézanne, Manet, Boudin, Degas, Renoir, Forain, Guillaumin, Monet e Mary Cassat, pittrice americana, una delle poche donne ammesse al consesso maschile dell’arte dell’epoca.
La terza sezione, ‘Dopo la conquista: l’arte non è solo riproduzione’ ospita 6 opere del periodo post-impressionista realizzate dall’artista svizzero-francese Jeanniot, dal delicato paesaggista Firmin-Girard, dal pittore e incisore svizzero Ranft il cui dipinto ‘Ladies in café’ è stato scelto come immagine simbolo dell’esposizione, fino a lambire la pittura Nabis, con Bonnard e Denis. L’arte del post-Impressionismo, nelle sue varie espressioni e declinazioni, come per esempio il movimento del Puntinismo, del Simbolismo, del Fauvismo e dei Nabis, comincia ad elaborare la costruzione di un rapporto intimo e, soprattutto, personale con la natura e con il quotidiano. Le opere presenti in questa sezione dimostrano che l’arte non è solo riproduzione.
Un’area multimediale con postazioni dotate di Oculus 3D per respirare l’atmosfera dell’epoca
Presente anche un’area multimediale attrezzata con postazioni dotate di Oculus 3D che consentono la visione virtuale di alcune opere impressioniste di ambientazione parigina e altre di ambientazione naturalistica, avendo la sensazione di entrare nei dipinti e vivere le atmosfere dell’epoca. Grande protagonista, prima fra tutte, la Ville Lumiere. Parigi luminosa, Parigi mondana e vivace, capitale del lusso e dell’intrattenimento. La metropoli francese di fine Ottocento stava radicalmente cambiando dal punto di vista architettonico e urbanistico, ma anche sociale, contemporaneamente all’arrivo dell’illuminazione elettrica, all’invenzione del telefono, alla costruzione della metropolitana e alle sperimentazioni sul volo. Ed è proprio con un movimento a volo aereo di camera che, indossando gli speciali Oculus 3D, si potrà scoprire la città e le sue strade, per poi andare verso una scena successiva, con protagonista la natura, tema molto caro agli Impressionisti. Dalla natura, il viaggio virtuale si sposta poi nella realtà cittadina, fatta di sport, di intrattenimento, di ambienti familiari, tutti temi cari agli artisti del movimento francese. Infine, agli occhi dello spettatore si paleseranno ambientazioni astratte, tipiche dell’ultimo periodo impressionista, che apriranno la strada alle future avanguardie.
L’Impressionismo in pillole
È il 15 aprile 1874, centocinquanta anni fa, quando a Parigi si inaugurò una mostra di giovani artisti in alcune sale prestate gratuitamente dal celebre fotografo di nome Gaspard-Félix Tournachon, ma più noto come Nadar. Artisti come Monet, Sisley, Renoir, Pissarro e Bazille già dalla fine degli anni sessanta dell’Ottocento, svilupparono, in piena natura e in città, una pittura nuova, piena di atmosfera e percezione con un tocco vivace. Si raggrupparono in reti di amicizie o legati da affinità estetiche pensando di unire le proprie forze sia per operare al di fuori dei circuiti ufficiali e del sistema del Salon, da cui erano spesso esclusi, sia per battersi contro l’accademismo. La mostra aprì i battenti con circa duecento opere selezionate dai loro stessi autori senza l’approvazione di una giuria o dell’intermediazione di un mecenate. Sono esposte opere con una grande varietà di soggetti, tecniche e stili: dipinti, stampe, sculture e alcuni smalti. In questi centocinquanta anni, la storia dell’arte ha visto aprirsi davanti a sé un mondo che ha travolto tutto ciò che era stato fatto prima, aprendo la strada all’arte moderna, così come la conosciamo oggi. Da allora, nulla fu più come prima, il percorso intrapreso da quel gruppo di giovani e scapestrati artisti liberò la creatività, la sperimentazione, il coraggio di osare.
Vittorio Sgarbi: “Il dipinto impressionista è fatto per tutti”
Spiega il curatore, storico e critico d’arte, Vittorio Sgarbi: “Quando centocinquanta anni fa, quel celebre 15 aprile del 1874, viene inaugurato, nell’atelier di Nadar a Parigi, il vernissage di giovani pittori che proseguono questa azione di sradicamento dell’estetica tradizionale, si grida allo scandalo”. Ancora sottolinea Sgarbi: “Ma il soffio della rivoluzione è inarrestabile. Onirici contrappunti fra luci e ombre, passaggi cromatici azzardati, colori puri, chiari e astraenti, suggestioni en plein air, sensazionalismi atmosferici: l’arte impressionista si fa immediata, nutrita di percezioni, non più genuflessa alle comuni norme accademiche, non più supina alle scelte ufficiali. Non è necessario chiedersi il significato di un’opera, giacché essa è il compimento dell’intuizione dell’artista. Il dipinto impressionista, inoltre, ha un comune destinatario: è fatto per tutti, è rivolto al nuovo mercato, è slegato dalla storica committenza. È un’opera cieca, che non sa da chi possa essere guardata e magari acquistata”.
I protagonisti spiegati da Sgarbi
Prosegue Sgarbi: “Si affastellano allora gli scandali di Manet, come la famosa ‘Olympia’, sebbene ancora incastonata nella tradizione della ‘Venere’ di Urbino di Tiziano, dell’‘Odalisca’ di Ingres o della ‘Maja desnuda’ di Goya. Si resta ipnotizzati dal pulviscolo dorato delle nature agresti di Pissarro o si scoprono le minute pennellate di Monet, in grado di evocare un’inedita atmosfera tremula e ariosa. L’astratto sfolgorio dei colori di Monet è qualcosa d’incredibile! Nessuno, dopo Turner, era arrivato così vicino all’arte informale del Secondo dopoguerra. Ad arricchire questo gruppo di artisti vi sono numerose altre figure straordinarie, dalle vibranti cromie di Renoir alla placida luminosità di Sisley, dal paesaggio domestico di Morisot alla smania d’esistenza delle ballerine di Degas”.
Il postimpressionismo
Continua Sgarbi: “Un cenno a parte merita Cézanne, più schivo, solitario e blindato in se stesso. La sua pittura oscilla fra intuizioni impressioniste, gesta postimpressioniste e strutture già precubiste. E fra le volte architettoniche del postimpressionismo s’individuano anche le ricerche di Seurat e Signac, il cui concerto cromatico approda alle dotte sinfonie del pointillisme. All’esotismo di Gauguin, che carica il colore primario in quella visione esotizzante e simbolista, amata per certi versi anche dai Nabis come Bonnard, si oppone la forza irrazionale e impulsiva di van Gogh, che spreme addirittura i tubetti di colore direttamente sulla tela. Van Gogh è un pittore autodidatta, sgrammaticato, un modesto disegnatore in fondo. Eppure è il primo a stabilire in maniera decisiva che l’arte debba coincidere con la vita, che l’arte sia il prolungamento dell’esistenza e non mero spettacolo di un’emozione o di uno sguardo. Se negli stessi anni gli impressionisti rappresentano ciò che si vede e si sente, van Gogh raffigura quello che non si doveva vedere ma che, non di meno, c’è, in tutta la sua angoscia esistenziale. Le tinte forti e le forme irregolari si aprono in tal guisa a risultati straordinari, a soluzioni già espressioniste, in quella vorticosa restituzione della realtà, piegata al più intimo desiderio”.
Raffaele Iovine: “La Basilica della Pietrasanta ritorna a ospitare grandi mostre internazionali”
Spiega Raffaele Iovine, Presidente dell’Associazione Pietrasanta Polo Culturale ETS: “Dopo un accurato intervento di pulizia e di restauro del pavimento maiolicato, la Basilica della Pietrasanta, con il suo Lapis Museum, ritorna a ospitare grandi mostre internazionali. La prima è dedicata agli Impressionisti. Si deve al coraggio, all’impegno e allo sforzo disinteressato sia del Rettore della Pietrasanta, mons. Vincenzo De Gregorio, sia di un gruppo di professionisti e imprenditori il merito di aver restituito alla città un complesso monumentale tra i più attrattivi per le sue iniziative museali, espositive, sociali e culturali”.
La messa in dubbio dell’oggettività degli Impressionisti
Continua Iovine: “Ma ancor più importante è stata la scelta di riprendere il nuovo ciclo di mostre con gli Impressionisti. Il confronto tra le opere esposte in mostra si presta a suggerire due aspetti diversi della creatività del movimento artistico parigino di fine Ottocento. Da un lato, il culto della bellezza come segno della genialità e della spiritualità umana: nasce con gli impressionisti un nuovo capitolo dell’arte mondiale, diretto a far sì che i valori dell’esperienza comune terrena siano al centro degli interessi culturali e siano trasfusi pienamente nella partecipazione della società all’andamento e alla realizzazione dei propri ideali. Ma di gran lunga più importante è un’altra conseguenza della produzione estetica, ma dal forte carattere polemico e critico, degli Impressionisti: la messa in dubbio dell’oggettività. Fortunatamente è crollata ogni pretesa idealistica e neoidealistica di raggiungere verità assolute. Tutta la conoscenza possibile, a parte quella che viene dalla fede, si basa sulla coesione, solidarietà, collaborazione sociale, anzi globale”.
Info. Orari di apertura: da lunedì a venerdì dalle ore 9:30 alle 19:30 e il sabato, la domenica e i festivi sino alle 20:30.