Crescono valore aggiunto e occupazione nel sistema produttivo culturale e creativo
La Fondazione Symbola ha presentato il rapporto ‘Io sono Cultura 2024’ che quantifica annualmente il peso della cultura e della creatività nell’economia nazionale.
Giunto alla quattordicesima edizione, lo studio è realizzato con la collaborazione di Unioncamere, Centro Studi delle Camere di Commercio Guglielmo Tagliacarne, Deloitte, Istituto per il Credito Sportivo e Culturale, Fondazione Fitzcarraldo, Fornasetti e con il patrocinio del Ministero della Cultura.
I numeri
I numeri emersi dal rapporto dimostrano che la cultura è un formidabile motore per l’economia italiana. Si tratta di una filiera, in cui lavorano soggetti privati, pubblici e del terzo settore che, nel 2023, cresce sia dal punto di vista del valore aggiunto (104,3 miliardi di euro, in aumento del +5,5% rispetto all’anno precedente e del +12,7% rispetto al 2019) che da quello dell’occupazione (1.550.068 lavoratori con una variazione del +3,2% rispetto al 2022, a fronte di un +1,8% registrato a livello nazionale).
Quello della cultura è un settore complesso e composito in cui si trovano ad operare quasi 284 mila imprese (in crescita del +3,1% rispetto al 2022) e più di 33 mila organizzazioni non-profit che si occupano di cultura e creatività (il 9,3% del totale delle organizzazioni attive nel settore non-profit), le quali impiegano più di 22 mila e settecento tra dipendenti, interinali ed esterni (il 2,4% del totale delle risorse umane retribuite operanti nell’intero universo del non-profit).
Ma il “peso” della cultura e della creatività nel nostro Paese è molto maggiore rispetto al valore aggiunto che deriva dalle sole attività che ne fanno parte. Cultura e creatività, in maniera diretta o indiretta, generano complessivamente un valore aggiunto per circa 296,9 miliardi di euro.
Realacci: ‘cultura e bellezza traino per l’economia’
“La forza della nostra economia e del made in Italy deve molto, in tutti i campi, alla cultura e alla bellezza”, ha dichiarato Ermete Realacci, presidente della Fondazione Symbola, al termine della presentazione del rapporto.
“Più che in altri Paesi – ha proseguito – cultura e creatività, oltre ad arricchire la nostra identità e alimentare la domanda di Italia nel mondo, possono aiutarci ad affrontare insieme, senza paura, le difficili sfide che abbiamo davanti. A partire dalla crisi climatica. L’Italia, forte dei 296,9 miliardi di valore aggiunto legati alla cultura, può essere protagonista del nuovo ‘Bauhaus’, fortemente voluto dalla Commissione Europea che nasce per rinsaldare i legami tra il mondo della cultura e della creatività e i mondi della produzione, della scienza e della tecnologia orientandoli alla transizione ecologica indicata dal Next Generation EU”.
“Se l’Italia produce valore e lavoro puntando sulla cultura e sulla bellezza, favorisce un’economia più a misura d’uomo e, anche per questo, più competitiva e più capace di futuro come sostiene il Manifesto di Assisi. Anche da questo deriva la forza del nostro export”, ha concluso Realacci.
I comparti che contribuiscono alla ricchezza della filiera
Osservando le dinamiche della produzione nazionale dei settori culturali e creativi, il comparto dei software e videogiochi è quello che contribuisce maggiormente alla ricchezza della filiera con 16,7 miliardi di euro di valore aggiunto.
Il secondo comparto per ricchezza prodotta e numero di occupati è quello dell’Editoria e Stampa, con valori rispettivamente pari a 11,5 miliardi di euro ( l’11,1% della filiera) e più di 196 mila addetti.
Anche le attività dell’Architettura e Design contribuiscono ad incrementare la ricchezza prodotta: +6,6% rispetto all’anno precedente.
Analisi territoriale: Sud in ripresa
Dall’analisi territoriale, contrariamente agli anni precedenti, nel 2023 si evidenzia un Mezzogiorno in ripresa, grazie ad aumenti più rapidi rispetto ai valori medi nazionali: se la differenza è minima per il valore aggiunto, risulta più accentuata in termini di crescita di occupati (+4,0% rispetto ad una crescita media nazionale pari a +3,2%).
In particolare, spiccano gli incrementi della Calabria (+10,1% in termini di valore aggiunto e +6,8% per l’occupazione) e della Sardegna (+9,4% per valore aggiunto e +6,5% per numero di occupati), seppur si tratti di variazioni contenute in valore assoluto.
Tuttavia, rimane ancora ampia la distanza con il resto del Paese: Lombardia e Lazio continuano a produrre più ricchezza mentre nella Top 20 dei territori che contribuiscono maggiormente a generare valore aggiunto e occupazione del sistema produttivo culturale e creativo, scarseggia la presenza delle province del Meridione. Milano è prima, seguita da Roma, Torino, Trieste, Arezzo, Firenze e Bologna.
Cultura sempre più ‘social’. Cresce la presenza di giovani
Guardando ai trend che attraversano i differenti comparti assistiamo ad un consolidamento di alcune tendenze ‘post pandemiche’ con qualche variazione.
In primo luogo, la commistione tra cultura e digitale avanza in tutti i settori con un ruolo centrale dei social network (TikTok e Instagram soprattutto) nella veicolazione dei contenuti e nella conseguente definizione dei successi.
Tra gli effetti collaterali positivi c’è l’abbassamento dell’età media dei fruitori e dei protagonisti della filiera culturale e creativa.
E se l’innovazione digitale non interessa solo la fruizione, ma anche la produzione dei contenuti, molti settori della filiera oggi sono alle prese con le prime sperimentazioni volte a introdurre l’AI nei processi creativi, esplorandone opportunità e criticità.
Precarietà contrattuale
Nonostante la crescita del ruolo sia di produzione che di fruizione dei giovani e la lieve ripresa occupazionale nel Mezzogiorno, se si analizzano i dati relativi alle tipologie di contratto e alle modalità di lavoro dei dipendenti nel settore culturale e creativo, emerge una certa precarietà, seppure concentrata in specifici comparti.
In termini di durata del contratto, il sistema nel suo complesso presenta una quota di lavoratori con contratto a termine del 14,7%, leggermente inferiore alla media nazionale del 16,0%. Tuttavia, all’interno del core cultura, la percentuale sale al 15,3%, mentre è più bassa nel settore creative driven con il 13,9%.
La precarietà appare più marcata nelle performing arts e arti visive (30,8%), nelle attività di valorizzazione del Patrimonio storico e artistico (23,9%) e nel settore dell’Architettura e design (20,2%).
Al contrario, nel comparto di Audiovisivo e musica, i contratti a tempo determinato sono meno diffusi, con una percentuale dell’8,9%.