Si chiama Zhènmùshòu e arriverebbe da Shanghai, portato forse dal papà e dallo zio di Marco Polo
Il leone alato più famoso di Venezia non è una rielaborazione di una statua anatolica di età ellenistica. Il fiero felino che si erge da secoli all’apice della colonna di San Marco, a guardare dall’alto in basso l’intero impero della Serenissima, avrebbe in realtà un’origine ancor più misteriosa ed evocativa di quel che si credeva: quella di una creatura ibrida, risalente tra l’ottavo e il nono secolo, originaria dell’antica Cina.
Lo ha rilevato un team di studiosi di geologia, chimica, archeologia e storia dell’arte dell’Università di Padova e dell’Associazione internazionale di studi sul Mediterraneo e l’Oriente-Ismeo, in sinergia con i colleghi dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, facendo nuove analisi chimiche degli isotopi del piombo.
La scoperta e le prove isotopiche
Questa sensazionale scoperta è stata annunciata l’11 settembre 2024, all’apertura del convegno Marco Polo, il libro e l’Asia – tenutosi a Venezia nell’ambito delle celebrazioni dei 700 anni dalla morte del mercante veneziano – da due professori dell’Università di Padova, l’archeologo Massimo Vidale, del Dipartimento di Beni Culturali, e il geologo Gilberto Artioli, del Dipartimento di Geoscienze che hanno condiviso gli esiti delle proprie ricerche.
I due sono giunti alla conclusione che il leone di San Marco possa essere cinese attraverso delle analisi isotopiche: “Fra il 1985 e il 1990 la statua è stata restaurata e studiata molto bene e da quegli studi è partita la nostra ricerca”, ha detto Massimo Vidale. “Molti dubbi hanno sempre circondato la statua, così abbiamo tirato fuori dal cassetto tre campioni mai analizzati prima, li abbiamo confrontati con altri sei già precedentemente studiati e con la nostra banca dati. Oggi l’Università di Padova possiede una sorta di elenco del telefono di tutti gli isotopi del piombo presenti nelle miniere di rame in Europa e Asia. Ogni miniera ha un rapporto specifico tra questi due elementi e così abbiamo ottenuto una prova della provenienza del rame con cui è stato prodotto il bronzo di cui è fatta la statua del Leone, che corrisponde all’area del bacino inferiore del Fiume Azzurro, in Cina”.
Non un leone ma uno zhènmùshòu
Grazie alle nuove prove isotopiche, la scultura, finora ricondotta all’arte ellenistica del quarto secolo di Tarso in Anatolia, è stata dunque ricollegata alla produzione artistica cinese, e probabilmente all’epoca della dinastia Tang (618-907 d.C.).
L’ipotesi è avvalorata anche da alcuni confronti stilistici, che indicano che si tratterebbe non di una chimera con parti di leone ma di uno zhènmùshòu, un animale fantastico riconosciuto come “guardiano di tombe”, posto alla sorveglianza delle dimore eterne di aristocratici e antichi re e originario del bacino del fiume Azzurro, nella zona di Shangai.
Per Vidale i tratti stilistici sono molto chiari: “La parte della testa, la criniera, il petto sono stilisticamente compatibili al periodo Tang, fra l’ottavo e il nono secolo, ed ecco la prova: il naso prominente, i baffi, la bocca spalancata con i due canini superiori ben aperti, la radice del naso e le due forti prominenze orbitali. Probabilmente in origine figuravano due corna e anche le orecchie sono state tagliate. Ma – ha aggiunto l’archeologo – dei tratti stilistici si può discutere. La firma isotopica però è molto netta”.
Dalla Cina a Venezia: le ipotesi degli studiosi
Come poi l’imponente statua sia arrivata dalla Cina fino a piazza San Marco resta l’ennesimo e forse il più potente mistero veneziano. “Nel periodo che va dal 1260 al 1270 circa, dopo la perdita di Costantinopoli, Venezia decide di fare del leone alato un potente simbolo politico dello stato più che religioso – ha dichiarato Vidale -. In questo ambito ci appare probabile che abbiano deciso di erigere la colonna con la statua e abbiano avuto accesso a una scultura Tang, di tre o quattro secoli più antica. E abbiano deciso di trasformarla nel simbolo dell’apostolo Marco”.
Tuttavia, capire i dettagli di questa vicenda è complicato, dato che non esistono resoconti scritti.
L’archeologo ha ricordato che la statua non può essere stata portata da Marco Polo perché quando tornò a Venezia nel 1295 il “leone” era già sulla colonna: potrebbero però essere stati il padre e lo zio, Matteo e Nicolò Polo, che tra il 1264 e il 1266 si trovavano a loro volta a Pechino alla corte del Gran Khan. “È possibile – ha concluso Vidale – che siano stati loro a vedere i pezzi di questa grande statua, smembrata e riassemblata, e a portarla a Venezia perché venisse trasformata in un leone, con la solita spregiudicatezza veneziana”.