L’intervento prevede il ricollocamento dell’opera in posizione orizzontale
Inizierà il 3 luglio al Museo Archeologico Nazionale di Napoli la seconda fase esecutiva del restauro del Mosaico di Alessandro.
I lavori, la cui conclusione è prevista nei primi mesi del 2025, contempleranno il consolidamento degli strati preparatori originari del mosaico e la realizzazione di un nuovo supporto. L’opera sarà nuovamente movimentata per essere collocata in posizione orizzontale.
“Avviamo una nuova fase di lavoro per restaurare il mosaico di Alessandro: un intervento inedito dal punto di vista scientifico, che ancora una volta ha unito i termini di tutela e valorizzazione” ha dichiarato il Direttore Generale Musei del MiC, Massimo Osanna.
Il Mosaico di Alessandro
Quasi due milioni di tessere, una superficie di eccezionale estensione (5,82 x 3,13 m) ed un peso complessivo di circa sette tonnellate: il Mosaico di Alessandro rappresenta un capolavoro assoluto dell’arte ellenistica e uno dei tesori più preziosi del MANN.
Rinvenuto nella casa del Fauno di Pompei, il celebre manufatto, che decorava il grande pavimento dell’esedra, era al centro di una ricca “architettura” iconografica. Agli occhi degli scopritori, nel 1831, il capolavoro non soltanto si rivelò nell’unicità e nelle dimensioni della scena rappresentata, ma anche nello stato sostanzialmente buono di conservazione: era coperto dalla cenere vulcanica dell’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. e le ampie lacune riscontrate riguardavano soltanto la sezione sinistra dell’opera, senza “intaccare” il fulcro della raffigurazione.
La scena raffigurata
Il Mosaico di Alessandro, rappresenta il re macedone in battaglia contro l’imperatore persiano Dario III: Alessandro Magno alla testa della sua cavalleria e montato sul suo cavallo Bucefalo, carica Dario, il quale fugge grazie al sacrificio di suo fratello Ossiarte, che copre la sua ritirata.
Molto probabilmente l’opera raffigura la battaglia di Isso (333 a.C.) anche se alcuni esperti identificano la scena con la battaglia di Gaugamela (331 a.C.). Si pensa che il mosaico sia una copia di un dipinto greco del periodo ellenistico, anche se la sua paternità è ancora contestata.
Da Pompei a Napoli
La decisione di distaccare il mosaico, per trasportarlo nel Real Museo Borbonico fu lunga e travagliata: dopo circa 12 anni di accesi dibattiti, una commissione espresse parere favorevole e l’opera, il 16 novembre 1844, fu messa in cassa e condotta lentamente da Pompei a Napoli, su un carro trainato da sedici buoi.
Durante il tragitto, all’altezza di Torre del Greco, un incidente minacciò l’integrità del mosaico: l’opera fu sbalzata a terra e, soltanto nel gennaio del 1845, venne aperta la cassa per verificare l’integrità del capolavoro che, fortunatamente, non aveva subito danni.
La prima collocazione della Battaglia di Isso fu, dunque, il pavimento della sala CXL, secondo il progetto iniziale di Pietro Bianchi; fu Vittorio Spinazzola, nel 1916, a definirne la nuova sistemazione a parete nelle riallestite sale dei mosaici.
Da allora, in oltre un secolo, il “Mosaico dei record” ha catturato, con la sua bellezza magnetica, l’attenzione dei visitatori di tutto il mondo: dietro il fascino di un’opera senza tempo, si sviluppa il lavoro di scienziati ed esperti per garantire manutenzione e conservazione di questo straordinario capolavoro.
Le ragioni del restauro
A distanza di quasi due secoli e a più di duemila anni dalla sua realizzazione, il Mosaico di Alessandro presentava, diverse criticità conservative, consistenti sostanzialmente in distacchi di tessere, lesioni superficiali, rigonfiamenti ed abbassamenti della superficie.
In particolare, la zona centrale destra era affetta da una visibile depressione; rigonfiamenti puntuali erano presenti lungo il perimetro del mosaico, probabilmente dovuti a fenomeni di ossidazione degli elementi metallici dell’intelaiatura lignea posta in opera durante il trasferimento del 1916.
Alla luce degli studi realizzati, sembra probabile che i fenomeni di deterioramento siano dovuti essenzialmente all’ossidazione dei supporti in ferro del mosaico e al degrado delle malte. Le tessere che compongono il mosaico sono, infatti, tenute insieme dalla malta romana originale e lo scorrimento verso il basso potrebbe essere ricondotto a cause quali l’eccesivo peso del mosaico e la posizione verticale.
Le indagini diagnostiche hanno dunque evidenziato la necessità di un restauro complessivo. Alle ragioni conservative è stata poi associata l’esigenza di una migliore lettura organica dell’opera.
Metodologie e fasi esecutive
Iniziata nel gennaio del 2021, l’attività di restauro del mosaico è ontologicamente complessa: conservazione, collocazione, peso e rilevanza storico-artistica del manufatto hanno enfatizzato la necessità di un progetto esecutivo puntuale e molto delicato.
Il restauro, connotato dal principio del minimo intervento e finalizzato alla conservazione dell’integrità materiale dell’opera nello stato in cui si trova, è stato articolato in due fasi diverse.
La prima fase è stata finalizzata alla messa in sicurezza della superficie musiva prima della movimentazione dell’opera. In questa fase, il mosaico è stato oggetto di un’accurata ispezione visiva e tattile di tutta la superficie, preliminare alle successive lavorazioni; si è poi proceduto con il pre-consolidamento delle tessere e degli strati di malta distaccati, la pulitura e la velinatura con idonei bendaggi di sostegno su tutta la superficie attualmente visibile. Mediante un sistema meccanico di movimentazione appositamente progettato, il mosaico è stato poi rimosso dalla sua originaria collocazione, previa apposizione di un tavolato ligneo di protezione, nonché di un’idonea intelaiatura metallica di sostegno.
Cosa prevede la seconda fase del restauro
Il 3 luglio avrà finalmente inizio la seconda ed ultima fase esecutiva del restauro che interesserà, innanzitutto, il supporto del mosaico: le lavorazioni saranno eseguite, dunque, sulla superficie retrostante dell’opera. Terminato l’intervento sul supporto, si prevede la rimozione dei bendaggi posti durante la fase iniziale d’intervento ed il completamento del restauro con operazioni di pulitura, ulteriori ed eventuali consolidamenti, trattamento protettivo finale.
L’opera sarà nuovamente movimentata per essere collocata in posizione orizzontale, completando così l’intervento di restauro della superficie musiva. La movimentazione sarà eseguita dallo stesso sistema meccanico che, già presente in situ, lo scorso ottobre ha permesso, con un’operazione di notevole impegno, il distacco del mosaico dalla parete dove era stato collocato nel 1916. Analogamente a quanto accaduto durante la prima movimentazione, saranno naturalmente monitorati in tempo reale gli spostamenti e le sollecitazioni sull’opera.
Un cantiere trasparente
L’intervento conservativo è stato eseguito in situ, mediante l’allestimento di un cantiere visibile e proseguirà nel segno della massima trasparenza, permettendo al pubblico di ammirare da vicino questo capolavoro per conoscere le tecniche impiegate per la sua conservazione.
Il progetto di restauro è così diventato un’occasione per valorizzare, anche nella percezione dei visitatori, non solo il complesso percorso di ricerca, ma anche la metodologia adottata: in questa esperienza, la dimensione progressiva, puntuale ed attenta delle diverse fasi di lavoro è una componente essenziale per sottolineare l’interconnessione di contributi e professionalità, alla base di un evento di rilevanza internazionale.
Va sottolineato inoltre che, negli ultimi mesi di lavoro è stato possibile indagare approfonditamente gli strati preparatori originari del manufatto, verificandone lo stato di conservazione e completando il quadro di conoscenze in nostro possesso sino ad oggi.
Un’attenzione particolare ha infine riguardato le condizioni microclimatiche ed ambientali, non soltanto per comprenderne l’eventuale incidenza nel processo di degrado del mosaico, ma soprattutto per individuare le migliori condizioni espositive future, in termini di illuminazione e parametri termoigrometrici.