Il dipinto veneziano è in mostra per la prima volta e ha un doppio quasi identico al Museo Isabella Stewart Gardner
Un dipinto riscoperto con l’impronta creativa di Andrea Mantegna e recuperato nei depositi del Museo Correr di Venezia ha un doppio conservato nel Museo Isabella Stewart Gardner di Boston (Usa), attribuito al Mantegna. Un fatto singolare quello che è emerso attorno al dipinto su tavola ‘Madonna col Bambino Gesù, San Giovanni Battista fanciullo e sei sante’, in esposizione a Villa Contarini, a Piazzola sul Brenta, in provincia di Padova. La mostra ‘L’impronta di Andrea Mantegna – Un dipinto riscoperto del Museo Correr di Venezia’ è n scena dal 10 maggio al 27 ottobre 2024.
L’impronta di Andrea Mantegna
Un piccolo dipinto (38 cm x 44,5) su tavola risalente alla fine del Quattrocento che in origine era destinato alla devozione privata e che è rimasto a lungo nei depositi del Museo Correr di Venezia e che racchiude dei misteri affascinanti. Il dipinto è stato trovato alterato da interventi di restauro posteriori e coperto da ridipinture. Tuttavia, alcuni indizi hanno fatto pensare che il quadro fosse di valore. Le tecnologie di analisi e il restauro a cura di Milena Dean hanno messo in evidenza l’impronta ideativa di Andrea Mantegna.
La rete
Il percorso che ha portato all’analisi, al restauro e all’esposizione al pubblico è avvenuto grazie alla collaborazione tra la Fondazione G. E. Ghirardi e la Fondazione Musei Civici di Venezia, con il concorso della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per il Comune di Venezia e Laguna.
Il dipinto trovato nei depositi
Il singolare ‘mistero’ attorno al dipinto è ben spiegato nell’opuscolo a cura di Andrea Bellieni, responsabile del Museo Correr. Il tema è la Sacra Conversazione. Le figure femminili, le sei sante, sono disposte a semicerchio. Dietro, un paesaggio verde aperto, “riapparso sotto una posteriore ridipintura”. Sulla cima di una roccia compare San Girolamo eremita, “il fiume è guidato da San Cristoforo col piccolo Gesù sulle spalle”, mentre sulla riva opposta del fiume “San Giorgio a cavallo combatte il drago”.
Il doppio a Boston
Il dipinto veneziano ha però un doppio, oggi conservato nel Museo Isabella Stewart Gardner di Boston, ritenuto di Andrea Mantegna poiché è scritto il nome. Non tutti gli studiosi condividono la piena autografia del pittore ma in genere hanno riconosciuto l’ideazione.
L’ipotesi
Il dipinto veneziano è quindi una copia di quello di Boston? No. Infatti, è stato scoperto che il tracciato coincide con il dipinto di Boston. Dunque, con probabilità è stato utilizzato lo stesso cartone: “un modello su carta, forato sui contorni del disegno per trasferire ‘a spolvero’ i punti guida del tracciato sulle due tavole da dipingere”. Le conclusioni? I dipinti sono stati realizzati nello stesso atelier.
Il confronto
La certezza che lega le due opere è “una forte e chiara marca mantegnesca”. Come detto, i due dipinti hanno lo stesso tracciato figurativo. Anche il paesaggio “è risultato rispondente con notevole fedeltà a quello visibile nel dipinto di Boston”. Si ipotizza anche una possibile medesima “provenienza gonzaghesca”.
I due dipinti sono quasi identici. Variano principalmente nei colori e nei dettagli degli abiti. Anche le dimensioni cambiano. Il dipinto a Boston presenta un’altezza superiore a quella dell’opera riscoperta a Venezia. Infatti, nel dipinto veneziano appare tagliata la parte superiore del paesaggio, caratterizzata da un “arioso cielo”. Inoltre, il retro della tavola veneziana “conserva una dipintura simulante a trompe l’oeil un prezioso marmo bruno, con venature colorate e spruzzature di minuscole gocce di colore, per simularne la struttura micro-cristallina”. A Boston, invece, “il supporto ligneo originale fu modernamente sostituito”.
La storia del dipinto a Boston
Il doppio conservato a Boston appartiene con ragionevole certezza alle collezioni Gonzaga a Mantova del primo Seicento. Il dipinto firmato ‘Andreas Mantinia’ nel 1627 è stato venduto, insieme ad altri preziosi tesori mantovani, dal duca Vincenzo II a re Carlo I d’Inghilterra, per poi passare nelle collezioni reali di Spagna. Come dono matrimoniale, a fine Ottocento il dipinto è giunto ai principi Del Drago, a Roma. Infine, nel 1899 l’opera è giunta a Boston per l’acquisto di Isabella Stewart Gardner.
L’ipotesi sulla storia del doppio veneziano
Il doppio a Venezia potrebbe far parte delle opere portate da Mantova nell’esilio a Venezia dall’ultimo duca Ferdinando Carlo. In questo tesoro, erano infatti presenti anche dei dipinti del Mantegna. Le opere potrebbero essere state portate a quello che oggi è il Palazzo Michiel dalle Colonne e dopo la scomparsa del duca i dipinti, circa 800 fra i quali appunto anche del Mantegna, sono andati dispersi in varie vendite. Il piccolo dipinto in questi passaggi potrebbe essere giunto a Teodoro Correr verso l’inizio dell’Ottocento.
Un dipinto incompiuto
Un altro elemento che affascina è il fatto che il dipinto veneziano è rimasto incompiuto. Gli esperti sottolineano che questa particolare caratteristica è evidente nell’abito della santa sulla destra, in cui la base a chiaro scuro “che sbalza i volumi” non è nascosta da varie stesure di colore. Inoltre, attraverso il restauro è stato recuperato il paesaggio sullo sfondo sul quale però manca “la finale armonizzazione di luci e dettagli”. Il motivo non è certo. Con probabilità è stata portata a termine solo l’opera oggi conservata a Boston.
Il paesaggio ridipinto
Il dipinto veneziano è circondato da un alone di mistero e da una “costante sorte avversa”. Non sono note le vicende dell’opera fino al secolo XIX, periodo nel quale il quadro risulta essere nella collezione veneziana di Teodoro Correr. Con probabilità, già in quel periodo il colore del paesaggio era stato abraso e l’opera era stata ridipinta con un paesaggio settecentesco.
Le sostanze aggressive utilizzate nel passato
In un periodo successivo, le figure in primo piano sono state ripulite con sostanze aggressive, danneggiando il colore. Nel corso del Novecento, un “restauratore tentò di saggiare gli strati antichi del dipinto”. Poi, per riparare i danni, è stata stesa una vernice che ha alterato l’opera.
Le analisi diagnostiche
Per analizzare il dipinto sono state utilizzate avanzate tecniche diagnostiche. In particolare, sono state utilizzate la riflettografia computerizzata e la tomografia assiale computerizzata, che ha accertato la presenza del colore originale sotto le ridipinture. Ridipinture sono anche state evidenziate dalla radiografia all’infrarosso e dai raggi ultravioletti.
Il restauro
La prima operazione effettuata dagli esperti è stata la pulitura dell’opera, in modo da rimuovere le ridipinture e i materiali estranei che coprivano i colori originali. L’integrazione delle lacune e delle abrasioni è stata effettuata con un tratteggio finissimo, “distinguibile dall’occhio solo a distanza molto ravvicinata”. L’operazione è stata molto delicata e “spesso in punti cruciali della figurazione come alcuni volti”. La reintegrazione delle parti maggiormente danneggiate “è stata possibile recuperando ogni infinitesima particella di colore originale, facendo fede al disegno sottostante e con la conferma di quanto visibile nel dipinto ‘gemello’ a Boston”. Non solo. Grazie alla “tecnica a liquide velature” sono stati riscoperti dettagli che sembravano perduti.
I dipinti sono entrambi del Mantegna?
Gli esperti hanno fatti ipotesi sulla ‘firma’ del dipinto veneziano. Di certo è presente “l’impronta creativa” del Mantegna. Si potrebbe ipotizzare che il pittore sia lo stesso sia per l’opera di Venezia sia per l’opera di Boston. Questa ipotesi è rafforzata da “coincidenti aspetti tecnici, morfologici di pennellata e grafia, di perfetta rispondenza anche in minimi dettagli secondari, che invece avrebbero potuto essere di esecuzione più libera”. Quindi Andrea Mantegna ha realizzato entrambi i dipinti? Di certo c’è “l’impronta artistica” in questo dipinto inedito. Futuri studi contribuiranno a mettere ancora più in luce l’impronta di Andrea Mantegna.
Info. Villa Contarini, Piazzola sul Brenta (PD)
Orari di apertura: 9:30 – 18:30. Chiuso ogni mercoledì.