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“Il mondo fluttuante. Ukiyoe. Visioni del Giappone”, l’esposizione a Palazzo Braschi

da | 13 Mar 2024 | Arte e Cultura, Mostre ed Eventi

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    Foto mostra. Ph Ugo Salerno
Alla fine del percorso si raggiunge l’apice. Certo è la sala più coinvolgente, quella in cui tutti sostano incantati. Di fronte, su una paretina tutta per sé, c’è la famosissima “Grande onda” di Hokusai autore anche delle “Trentasei vedute del monte Fuji”. E ai lati altre opere da capogiro. Da una parte, protetto da una vetrina, “Paesaggio serale sul fiume Kama” di Chobunsai Eishi, un rotolo verticale su seta dei primi anni dell’Ottocento, conservato al Museo d’Arte Orientale Edoardo Chiossone di Genova, dall’altro, sempre protetto dal vetro, di Hiroshige “Paesaggio serale sul fiume tra il terzo e quarto quartiere” 1801 -1818 inchiostro e colore su seta, rotolo verticale conservato nello stesso museo.
Una qualità pittorica superlativa come quella dei tre trittici dipinti da Hiroshige (1797 – 1858), un anno prima di morire, della serie “Neve, luna, fiori”. Fanno riferimento alle diverse stagioni dell’anno. la neve simboleggia l’inverno, la luna piena evoca l’autunno e i fiori richiamano la primavera. Ma Hiroshige non si limita alla rappresentazione delle stagioni ma riflette sui significati del bianco: il bianco della neve, il bianco della luna e il bianco dei fiori di susino in primavera. L‘artista sostituisce il bianco dei fiori di susino con il bianco della schiuma dei famosi gorghi marini di Naruto ad Awa. Entrambi, la schiuma come i fiori, sono simbolo di fugacità ed evanescenza, durano tutti e due pochissimo.

Hiroshige è uno dei più grandi artisti giapponesi di tutti i tempi, ammirato e imitato dagli impressionisti e post impressionisti. Da Vincenti van Gogh che copia a olio “Ohashi. Acquazzone ad Atake, Kameido”, “ Il giardino dei susini” e “Piccolo pero in fiore”, a Manet, Gauguin, Degas. Da scrittori come Goncourt, da musicisti come Debussy, da fotografi giapponesi e stranieri, come gli italiani Felice Beato e Adolfo Farsari, che si rifanno alla concezione serena della natura di Hiroshige per le vedute di località famose, come le “Cento vedute di luoghi celebri di Edo”, che i viaggiatori porteranno con sé come souvenir.
Le stampe giapponesi importate a Parigi e poi nel resto d’Europa e negli Stati Uniti influenzeranno profondamente l’arte occidentale. E l’architettura. Frank Lloyd Wright, figura centrale della scena mondiale del ‘900 nel 1893 visitando l’Esposizione Colombiana di Chicago aveva visto il padiglione giapponese, un tempio ricostruito su un’isola artificiale, ricevendone un’impressione incancellabile. Wright non solo colleziona le stampe di Hiroshige, ma nel 1906 organizza all’Art Institute di Chicago la prima mostra monografica al mondo delle sue opere. E andando a ritroso si arriva all’Expo di Parigi del 1867, al padiglione giapponese realizzato da Hayashi che rimarrà nella “Ville Lumière” come mercante d’arte e consulente di Edmond de Goncourt, l’autore dei primi saggi su Utamaro e Hokusai.
Nel 1854 la flotta navale americana costringe il Giappone ad aprire all’Occidente alcuni porti commerciali. Fino a quel momento l’unica forma di contatto col resto del mondo erano stati due piccoli fondaci olandese e cinese a Nagasaki e una nave che una volta all’anno da Goa toccava il Giappone. Il 1854 è una data fatidica, il punto di svolta che dà inizio a una sorta di attrazione fatale fra il paese del Sol Levante e l’Occidente. Mai venuta meno.

150 capolavori dell’arte giapponese

La mostra “Il mondo fluttuante. Ukiyoe. Visioni del Giappone”, aperta fino al 23 giugno a Palazzo Braschi, curata da Rossella Menegazzo, presenta 150 capolavori dell’arte giapponese di epoca Edo, un periodo compreso fra Seicento e Ottocento, focalizzandosi sul filone artistico più innovativo del tempo e anche più conosciuto a livello internazionale e influente anche nel nostro tempo: l’ukiyoe, una tecnica importata dalla Cina, che si traduce con “immagini del mondo fluttuante”. Si tratta di un genere pittorico che nasce in epoca Edo (1603 – 1868) costituito da dipinti a pennello su seta o carta, ma anche paraventi di grande formato, stampe realizzate in policromia con matrice in legno su carta e rotoli da appendere o srotolare fra le mani.
Una tecnica che favorì la diffusione di immagini, libri, stampe con la creazione di un vero e proprio mercato formato oltre che da artisti, da intagliatori, stampatori, calligrafi che lavoravano in atelier sotto la direzione di un editore che sosteneva economicamente il progetto, sceglieva gli artisti e i soggetti e metteva le opere sul mercato.
Un’operazione finanziaria molto moderna che si rivolgeva alla classe cittadina emergente, composta soprattutto da mercanti arricchiti che si potevano permettere dei lussi. E’ questa la grande novità dell’Ukiyoe, non è a servizio degli aristocratici, ma della classe cittadina, la società giapponese non di Kioto, la capitale della corte imperiale, ma di Edo, la capitale orientale, l’odierna Tokyo, che non rifugge dall’illusorio mondo terreno, secondo l’insegnamento buddista, ma piuttosto apprezza il presente e tutto ciò che è alla moda. In questo senso l’ukiyoe è la testimonianza diretta della società giapponese di allora, degli. usi, dei costumi, delle mode, dei luoghi preferiti, del modo di intendere la vita.

Le sezioni della mostra illustrano i diversi aspetti della società, la vita cittadina scandita nel quotidiano, i momenti privati, la bellezza femminile, il lusso, la seduzione nei quartieri del piacere, le mode, le gite in portantina per la fioritura dei ciliegi, le battute di caccia, il gioco delle carte. Grande considerazione ha il teatro, così come gli attori.
Dalle prime scuole seicentesche come la Torii, in mostra sono rappresentati una trentina fra i più importati maestri dell’Ukiyoe: Utamaro, Hokusai, Eisen, Hiroshige, Kunisada… Maestri che non si vedono tutti i giorni a Roma, ma molto amati. Basta ricordare che nel 2009 si aprì una mostra su Hiroshige alla Fondazione Roma di Emmanuele M. Emanuele, a seguire nel ‘18 duecento opere di Hokusai all’Ara Pacis e 230 di Hiroshige alle Scuderie del Quirinale.

Museo di Roma – Palazzo Braschi
Orario: da martedì alla domenica dalle 10.00 alle 19.00, fino al 23 giugno
Informazioni: www.museodiroma.it e mondomostre.it

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