Dal 14 novembre al 18 febbraio 2024, con la mostra “Il tocco di Pigmalione. Rubens e la scultura a Roma”, Galleria Borghese inaugura la seconda tappa di “RUBENS! La nascita di una pittura europea”.
Dal 14 novembre al 18 febbraio 2024, con la mostra “Il tocco di Pigmalione. Rubens e la scultura a Roma”, a cura di Francesca Cappelletti e Lucia Simonato, la Galleria Borghese inaugura la seconda tappa di “RUBENS! La nascita di una pittura europea”. Questa iniziativa raccoglie tre eventi espositivi organizzati per celebrare il maestro di origini fiamminghe, che con la sua opera divenne protagonista e archetipo assoluto del barocco: tre mostre che si inseriscono in una più ampia operazione culturale dedicata ai rapporti tra la cultura italiana e l’Europa vista attraverso gli occhi dell’artista. La prima tappa vede protagonista Mantova, con un’esposizione a Palazzo te, dal 7 ottobre 2023 al 7 gennaio 2024, dedicata all’artista. Pittura, trasformazione e libertà, faranno da sfondo al rapporto tra il pittore fiammingo e la cultura mitologica che incontra in Italia. Mantova accoglierà anche una seconda esposizione dedicata a Rubens, a Palazzo Ducale, ovvero l’esposizione del La Pala della Santissima Trinità, incentrata su una delle più imponenti imprese portate a compimento dall’artista, il ciclo delle tre enormi tele per la Chiesa della Santissima Trinità, una delle quali è ancora oggi esposta a Palazzo Ducale e costituisce una tappa fondamentale nel percorso formativo dell’ artista.
Dal 14 novembre 2023 al 18 febbraio 2024 sarà la volta della seconda tappa in onore di Rubens, ovvero la mostra alla Galleria Borghese di Roma, dal nome “Il tocco di Pigmalione. Rubens e la scultura a Roma”. Il progetto si sofferma sul contributo straordinario dato dall’artista barocco ad una nuova concezione di antico, di naturale e di imitazione, mettendo a fuoco la novità del suo stile nel primo decennio a Roma. La mostra è divisa in 8 sezioni, con quasi 50 opere provenienti dai più importanti musei al mondo – tra cui il British Museum, il Louvre, il Met, la Morgan Library, la National Gallery di Londra, la National Gallery di Washington, il Prado, il Rijksmusem di Amsterdam, solo per citare alcuni. Tra i più illustri conoscitori di antichità romane, Rubens attua nelle storie quel processo di vivificazione del soggetto che utilizza nel ritratto. Marmi e rilievi escono pertanto ravvivati dal suo pennello, insieme alle tracce del mondo antico.
Queste le parole di Francesca Cappelletti, direttrice Galleria Borghese e curatrice della mostra: “Calamita per gli artisti del Nord Europa fin dal Cinquecento, la Roma di Rubens, fra i pontificati Aldobrandini e Borghese, è il luogo dove studiare ancora l’antico, di cui si cominciano a conoscere i capolavori della pittura, con il ritrovamento nel 1601 delle Nozze Aldobrandini. È il momento della Galleria Farnese di Annibale Carracci e della cappella Contarelli di Caravaggio. Attraverso gli occhi di un giovane pittore straniero come Peter Paul Rubens guardiamo ancora una volta all’esperienza dell’altrove, cerchiamo di ricostruire il ruolo del collezionismo, e della collezione Borghese in particolare, come motore del nuovo linguaggio del naturalismo europeo che unisce le ricerche di pittori e scultori nei primi decenni del secolo”. A queste parole, Lucia Simonato, altra curatrice della mostra, aggiunge il suo contributo in relazione a Rubens e l’influenza reciproca con grandi artisti italiani come Bernini: “Rubens dovette apparire a Bernini come il campione di un linguaggio pittorico estremo con cui confrontarsi: per lo studio intenso della natura e per la raffigurazione del moto e dei ‘cavalli in levadè suggeriti dalla grafica vinciana, che sarebbero stati affrontati anche dallo scultore napoletano nei suoi marmi senili con la stessa leonardesca “furia del pennello” riconosciuta da Bellori al maestro di Anversa. Infine anche per i suoi ritratti, dove l’effigiato cerca il dialogo con lo spettatore, proprio come accadrà nei busti di Bernini per i quali è stata coniata la felice espressione di speaking likeness”. Per gli amanti del barocco italiano, la mostra darà spunti interessanti anche sul controverso rapporto tra i capolavori di Bernini e il naturalismo di Rubens. E’ una mostra da non perdere.