Il sito protostorico del Gran Carro, noto dal 1959, si trova nel lago di Bolsena a circa cinque metri di profondità, uno dei contesti abitativi della prima età del ferro maggiormente conservati nell’Italia centrale. L’insediamento si contraddistingue per la presenza di ben 500 pali piantati sul fondale e ben conservati databili dalla tra la fine del X° e il IX° sec. a.C. nell’ambito della cultura villanoviana; l’area solo recentemente è stata interpretata come luogo di culto della “Aiola”, un immenso tumulo di pietrame che conserva tracce di antichi rituali al di sotto delle pietre.
Nel sito sommerso, stanno operando per la salvaguardia e la sicurezza, sotto la direzione della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per la Provincia di Viterbo e per l’Etruria meridionale diretta dall’ Arch. Margherita Eichberg, i sommozzatori della stazione navale della GdF di Civitavecchia, ed i i restauratori subacquei del Restauro beni culturali (Csr), e l’ausilio dei volontari del Cras. Il lavoro si legge in una nota, sta dando, “risultati sorprendenti per l’interpretazione dell’intero complesso”. Nella nota si legge che “si stanno finalmente raccogliendo preziose informazioni circa la vita di una comunità di 3000 anni fa, avendo concentrato per la prima volta le operazioni su una area molto estesa nella zona della “palafitta”.
Sono stati così recuperati oggetti in bronzo tra cui alcuni attrezzi da lavoro come scalpelli, asce e raspe per la lavorazione del legno e vasi da impasto; la presenza costante delle fiamme gialle presso il sito, ha evitato anche la sottrazione di reperti a rischio, spesso richiesti dai alcuni collezionisti.
Il sito archeologico è stato aperto anche in pubblico in occasione di aperture straordinarie delle giornate per la Valorizzazione del Ministero della Cultura.
Lago di Bolsena. Messa in sicurezza e salvaguardia del sito sommerso della prima età del ferro
