La notizia della scoperta dei bronzi di San Casciano, paragonabile per eco mediatica a quella dei Bronzi di Riace nel ‘72, ha fatto il giro del mondo. Alla sorpresa si è aggiunta l’ammirazione rinvigorendo l’interesse per l’antico che nel nostro paese non è mai venuto meno. Da aggiungere che la scoperta è frutto anche dell’amore di una piccola comunità gelosa custode della propria storia.
La mostra ripercorre attraverso la presentazione dei reperti più significativi la storia del ritrovamento e della natura del luogo in cui erano conservati, iniziando dai dintorni, dal confine meridionale della Provincia di Siena. E’ dalle pendici della montagna di Cetona che vengono le sorgenti tramandate dalle fonti storiche, conosciute come Fontes Clusini, le fonti di Chiusi, la città stato etrusca i cui luoghi sacri si legano alle sorgenti di acqua calda, come Chianciano Terme presso la sorgente Sillene. Durante il periodo ellenistico, III – II sec. a. C., si moltiplicano le offerte con votivi anatomici presso i santuari della zona come a Campo Muri di Rapolano Terme da cui vengono tre bellissimi elmi a maschera in bronzo del I sec. d. C. Nell’89 a.C. il territorio di Chiusi riceve la cittadinanza romana, un incontro con Roma che avviene in modo graduale, non traumatico. Come dimostra la statua Il togato del II – I sec. a. C. ritrovata tra Perugia e Chiusi, un etrusco che vuole apparire e vestire romano. Indossa delle scarpe simili a quelle del celebre bronzo dell’Arringatore del Museo Archeologico di Firenze, scoperto vicino a Perugia. Le tante offerte di oggetti votivi anatomici in bronzo lasciati presso i santuari come quello di San Casciano e di Rapolano testimoniano la persistenza di riti e culti antichi durante il periodo ellenistico e di pratiche mediche presso i santuari.
La seconda stanza è dedicata alla presentazione del territorio in cui sono stati scoperti i famosi bronzi. San Casciano si trova lungo la via che da Chiusi si dirigeva verso il mare e la città di Vulci, oggi verso la Via Cassia e verso Roma. Lungo il torrente Elvella si succedono una quarantina di sorgenti di acqua calda. La più ricca, 25 litri di acqua al secondo a oltre 40 gradi è proprio quella del Bagno Grande. Qui i Medici, dopo il terremoto del 1575 fecero costruire una piscina termale e un portico sulle rovine di quello che doveva essere in età etrusca e romana un santuario. Pochi anni dopo, nel 1585, furono trovati vicino al Bagno Grande, due altari, uno sacro ad Apollo, l’altro a Esculapio che dovevano trovarsi presso la vasca romana che raccoglieva l’acqua della sorgente termo – minerale.
Al centro della sala Venere Accovacciata trovata nel Cinquecento un miglio più a sud, presso la stipe di Doccia della Testa, splendida copia in marmo dell’Afrodite di Doidalsas del II sec. d. C. Nello stesso luogo, nel 2004 fu scopeto anche un piccolo deposito votivo con offerte in bronzo e olle cinerarie.
E ancora alcuni reperti provenienti dalla necropoli di Balena. In mostra tre tegole con iscrizioni in etrusco con alfabeto latino a riprova che il processo di romanizzazione stava procedendo pur in ambienti periferici.
Ma è la terza sala quello che conduce alla meta, alla scoperta tra il 2020 e il 2022 presso il Bagno Grande del santuario etrusco e romano costruito attorno alla vasca in blocchi di travertino, profonda oltre quattro metri che esisteva già in età etrusca, ristrutturata e ingrandita sotto Tiberio (I sec. d. C.), che ha raccolto offerte votive fino al IV sec. d. C. Nella quale sono state deposte statue dal III sec. a. C. e per tutto il II e I sec. a. C. a oltre tre metri di profondità sotto uno strato di tegole. Al di sopra un fulmine in bronzo e una freccia in selce che potrebbe rappresentare il rito del fulmine sepolto, fulgor conditum. Secondo l’ars fulguratoria, l’arte di interpretare i fulmini, di tradizione etrusca, quando un santuario o un tempio veniva colpito da un fulmine doveva essere sepolto sul luogo stesso del prodigio, e il fulmine stesso doveva essere sepolto. Per oltre settecento anni l’acqua termo – minerale del Bagno Grande, raccolta nella vasca sacra, accoglie offerte in bronzo e offerte vegetali e nonostante il trascorrere dei secoli, il succedersi degli etruschi e dei romani, i riti non cambiano, sono sempre incentrati sull’acqua termale e i suoi benefici effetti.
La mostra, molto bella anche nell’allestimento giocato sulle tonalità azzurre, si snoda in crescendo fra incredibili reperti, pannelli informativi, massime e versi di poeti e storici, Omero, Orazio, Apuleio, Festo…Nullus enim fons non sacer…ricordava Servio. Ed ecco i tesori della Fonte Sacra. Una scelta rappresentativa di opere fra quelle che avranno sede nel Palazzo dell’Arcipretura. “Io poi non cesserò di cantare Apollo arciere dall’arco d’argento che Leto dalle belle chiome ha generato” (Omero , Inno ad Apollo) è scritto su una parete. Ed ecco Apollo, bello, perfetto, che lancia una freccia. E’ giovane anche lui ma c’è qualcosa che non va nel fisico dell’efebo che sembra chiedere aiuto a braccia aperte. Si chiamava L. Marcius Grabillo e offrì a Fons un donario composto oltre che da questa statua da altrisei simulacrio in bronzo (signa) e da sei arti inferiori.
Dal III secolo a. C. al IV sec. d. C., per oltre settecento anni l’acqua termo-minerale del Bagno Grande, raccolta nella vasca sacra, ha accolto le offerte dei fedeli, oggetti in bronzo e vegetali. Passa il tempo, dopo gli etruschi i romani, ma i riti rimangono identici, sono incentrati sull’acqua calda che sgorga sul posto e sui suoi effetti terapeutici. E’ la sorgente stessa all’inizio che viene venerata come “Fonte”, tutelata alle origini da Fortuna Primigenia e Apollo e poi in età imperiale da Esculapio, Igea e Iside.
Apollo, Aplu in etrusco, è la divinità più importante del santuario. Presente sugli altari in travertino nel II e III secolo d. C., è stata rinvenuta una statua in bronzo del 100 a. C. tra le deposizioni della vasca in atto di scagliare una freccia. A poca distanza vennero deposte nel fango anche due placche in bronzo che rappresentano a rilievo i visceri con una dedica a Fortuna. E’stato rinvenuto anche uno strumento chirurgico che potrebbe confermare la presenza nel santuario di personale medico.
E nei secoli si succedono le offerte anche di legno e frutti. Teste ritratto degli offerenti che andavano al santuario a curarsi e a pregare. Uomini e donne, adulti e bambini come la statua del meraviglioso Putto di San Casciano. Ma anche animali in bronzo, una lucertola, come nella stipe di Doccia della Testa. E poi innumerevoli votivi anatomici, gambe, braccia, seno, pene, orecchie, occhi… come preghiera per la guarigione, statuette per ringraziamento alla divinità e testimonianza dell’efficacia delle cure
Ed ecco i tesori tornati alla luce. Statue di offerenti, ma anche offerte in frutti, di pesco soprattutto, considerato di origine esotica (proviene dalla Persia), oggetti in legno, pigne perfettamente conservate e monete, tante monete, oltre cinquemila, che permettono di ripercorrere le vicende del Bagno Grande dagli ultimi decenni del I secolo a.C. al IV secolo d.C. E in ottimo stato di conservazione, molti addirittura freschi di conio.
E alla fine l’incontro con l’Orante con chitone e mantello, il viso incorniciato dai riccioli, collana, orecchini, armille a entrambi i polsi, che si presenta. Ma è un ologramma frutto dell’intelligenza artificiale. Il capolavoro etrusco in bronzo del II sec. a. C. è in restauro.
Prenotazione obbligatoria almeno 5 giorni prima della visita su visite.quirinale.it/QTicket/ o al call center 06-39967575 da lunedì a domenica 9-17.
Apertura: dal 23 giugno al 25 luglio e dal 2 settembre al 29 ottobre 2023. Martedì, mercoledì, venerdì, sabato e domenica dalle ore 9 alle ore 17. Durata della visita un’ora. Prezzo 1,50 euro. Presentarsi 15 minuti prima con documento d’identità.
Palazzo del Quirinale Roma