Così in una freddissima giornata di dicembre Luca Rovati andò a visitarla e la comprò, sembra, per cinque milioni di euro. Così la famiglia di Luigi Rovati è entrata in contatto con la secolare storia dell’Isola Bisentina (da Bisentium, antica città sulla sponda sud del lago), ma con la consapevolezza del suo valore, nel rispetto della sua storia e del suo significato. Così il 27 maggio nel padiglione d’arte della Fondazione Luigi Rovati (medico, ricercatore e imprenditore farmaceutico), a Corso Venezia a Milano si è aperta (fino al 3 settembre) una mostra che ripercorre la storia dell’Isola Bisentina, un’oasi naturalistica, ma anche un’isola mentale, un luogo della memoria e della storia.
Il periodo d’oro dell’Isola Bisentina è legato alle fortuna dei Farnese che decidono di farne il mausoleo della famiglia. Ma l’unico ad essere sepolto nell’isola sarà Ranuccio Farnese il Vecchio, che riposa sotto l’alta cupola rivestita di piombo della Chiesa dei SS. Giacomo e Cristoforo, o Chiesa Madre, ora in restauro. Di cui si conserva la pietra di fondazione con inciso lo stemma cardinalizio del committente Alessandro Farnese. Accanto i giardini all’italiana, il muro di cinta del convento francescano, il chiostro.
E immersi nel verde sullo sfondo del lago sono gli incantevoli oratori, alcuni preziosi, come la Chiesa della Crocifissione o di Monte Calvario che conserva resti di affreschi di Benozzo Gozzoli, l’oratorio di Monte Tabor o della Trasfigurazione, anch’esso affrescato e la cappella di Santa Caterina, posta su uno sperone di roccia, più nota come la”Rocchina” per via della sua forma ottagonale, di Antonio da Sangallo il Giovane.
E ancora la Chiesa di Santa Concordia, la chiesa di San Gregorio, l’Oratorio di Monte Oliveto, l’ Oratorio di San Francesco. Le sette chiese, ciascuna rivolta verso uno dei paesi della costa, costituiscono un percorso devozionale esemplificato sulle sette chiese di Roma. Costruite fra il XV e il XV I secolo furono anche meta di pellegrinaggio religioso, così prossimo alla Via Francigena.
L’oratorio del monte Tabor, o della Trasfigurazione (anch’esso affrescato), il punto più alto dell’isola, così chiamato in analogia con la collina di Galilea, ha un ingresso alla misteriosa “Malta” dei Papi, citata da Dante nel “Paradiso”come carcere perpetuo. Forse di origine etrusca, destinata a scopi rituali, è costituita da un cunicolo che conduce a un pozzo. Per far sparire gli eretici ?
All’isola si giunge solo per via d’acqua. Partendo dal porto di Capodimonte si arriva a una darsena scavata nella roccia vulcanica, tutto attorno ulivi secolari, piante autoctone ed importate, prati, boschi e una vegetazione lussureggiante che ha via via invaso ogni spazio, ogni costruzione. Un’aggressione a cui si è aggiunta l’azione devastatrice dei cormorani.
“L’isola è un prezioso gioiello”, dice Luca Rovati e assicura che non sarà solo la sua famiglia a godere di questa bellezza, sarà sicuramente aperta al pubblico in armonia con le autorità locali, con la Soprintendenza, e con attenzione ai percorsi nel giardino, nel bosco, lungo la darsena, gli oratori… E si augura che la Bisentina divenga l’Isola degli artisti, in particolare dei musicisti. E pensa a una tappa per le grandi orchestre. Un’isola che possa ispirare poeti, scultori, pittori.
Come Giovanni Arcangeli, innamorato dell’Isola Bisentina di cui conosce ogni segreto, avendo cominciato a prendere i primi appunti della “Rocchina” nel lontano ’95. Messe da parte le architetture dipinte del mondo classico, gli scorci metafisici della Roma razionalista e le slabbrate periferie urbane, il pittore mostra di essere sempre più attratto dal sacro e dalla natura. Da un lato il linguaggio dell’anima attraverso le tappe della spiritualità benedettina e francescana, dall’altro il paesaggio suo antico e eterno amore artistico. Il pittore lavora sulla memoria dei luoghi rivisitati alla luce della sua raffinata sensibilità tonale e fissati in una dimensione atemporale anche quando dipinge gli interni degli oratori con i sedili in pietra, il muro di cinta del convento, il leone scolpito sulla roccia. Forse realizzato in onore di Leone X Medici in visita all’isola.