In 600 scatti l’Italia desiderata, sognata, ricordata dai viaggiatori del “Grand Tour”, ma non solo. Alle Scuderie del Quirinale

La mostra documenta i tanti modi di interpretare il paesaggio nel tempo, col mutare delle tecniche e degli strumenti impiegati nel ritrarlo. Dai dagherrotipi ai fragili negativi su carta e su vetro, alle diapositive, alle lastre, alle stampe vintage, a quelle in grande formato, spettacolari. Sono di Tommaso Cuccioni “Veduta di Piazza San Pietro” 1855 e di Giacomo Caneva le immagini esposte nella prima sala “…quindi tutta Roma potei scorgere unita” scrive Caneva a corredo del “Panorama di Roma ripreso dalla quercia del Tasso” del 1865
(panoramica con 7 stampe all’albumina su carta). E’ di Leopoldo Alinari l’ampio panorama di Firenze (tre scatti su lastre al collodio). Suoi anche i “Resti della Villa dei Quintili “ e “Campagna Romana”. Sono gli anni in cui la fotografia sta prendendo il posto dell’incisione e il fotografo quello del calcografo. Di grande impatto, anche per il formato, le immagini degli svizzeri Peter Fischli e David Weiss che ripropongono nel 2000 lo stereotipo del tramonto sul Duomo di Milano.
Un fascino particolare accompagna da sempre la fotografia al tempo del Grand Tour. E’ l’immagine del bel Paese, sintesi fra arte e natura, bellezza, cultura e storia. Panorami, giardini, rovine trasudano di appagamento estetico. Il Protagonista è il viaggiatore romantico, raffinato, colto a cui non sfugge l’incanto della natura che lo circonda, il cui ricordo porterà con sé al ritorno dai suoi viaggi. In sala sono presenti opere di ben 27 autori. Dai pionieri del dagherrotipo come Pierre – Ambroise Richebourg ai fotografi amateur come Gustave de Beaucorps, al sempre prediletto Caneva, agli Alinari. Di Robert Mac Pherson in carta salata albuminata il formato ovale del “Convento di San Cosimato” (vicino Vicovaro Tivoli, 1862) con l’Aniene che scorre lucente in basso.
Nell’epoca d’oro della fotografia di viaggio spiccano i fratelli Alinari e molti fotografi d’oltralpe che si stabiliscono in Italia. E cresce la fortuna degli atelier. Le loro immagini faranno scuola. Di Giacomo Brogi “Avanzi interrotti dell’Acquedotto di Claudio” attorniato da un gregge di pecore (1910 1912). Per la prima volta in mostra, dagli Archivi Alinari, l’album “Italy” in cui James Graham ha raccolto souvenir fotografici per condividerli con la sorella a cui era dedicato.
La fotografia come documento: è il caso di Pio IX colto nell’atto di benedire il popolo il 28 agosto 1857 a Camugliano. Da ricordare anche le feste del rione Santa Lucia a Napoli che tanto appassionavano i viaggiatori del nord come Richard Calvert Jones. La fotografia come certificazione dell’incanto, del sogno: è il caso del “Panorama della grotta di S.Cristofano” ad Amalfi di Giacomo Brogi 1880. O come prova di verità storica: “Pompei calco di una donna incinta”1868, attribuito a Michele Amodio, “Eruzione dell’Etna vista a 50 m. di distanza di Giovanni Cupri 1886.
E la storia continua impiegando tecniche sempre più sofisticate. Ed ecco di Frédéric Flachéton ciò che resta nel 1849 della Villa del Vascello sul Gianicolo dopo l’assedio di Roma durante la Repubblica Romana. Wilhelm von Gloeden preferisce il negativo su vetro per i suoi mandorli in fiore, per il Chiostro di San Domenico a Taormina, il duomo distrutto dal terremoto di Messina, per i suoi giovani nudi sulla terrazza panoramica davanti a Capo Sant’Andrea.
Col Novecento e la nascita della società industriale che soppianta quella rurale, i grandi spazi ottocenteschi si frantumano nei dettagli, nei punti di vista, nelle sperimentazioni, nella documentazione della società così com’è. Ecco “Torino. Il Po presso la Gran Madre” di Domenico Riccardo Peretti Griva, la Sardegna di Vittorio Alinari,
E i nuovi realismi. Un paesaggio nuovo è il protagonista delle immagini della prima metà del secolo scorso che ha vissuto due guerra, ma ha voglia di ricominciare, di prestare attenzione al quotidiano, alla realtà di ogni giorno. Da ricordare Alberto Lattuada, Vincenzo Balocchi e l’antropologo Fosco Maraini. Suo il “Rifugio Duca degli Abruzzi”coperto di ghiaccio e il bellissimo ritratto dello storico dell’arte Bernard Berenson.
A finire reportage, fotogiornalismo, fotografia umanistica. Tutto ciò che accade assume una dimensione narrativa, diventa immagine. Le immagini di oggi si confrontano con le trasformazioni economiche, politiche e sociali che accompagnano l’Italia. Una documentazione non dissimile dalle otto stampe all’albumina che documentano le Breccia di Porta Pia di Lodovico Tuminello. I grandi casermoni nel deserto delle periferie urbane richiamano immagini di un altro tempo e di un’altra storia. Ecco le case di ringhiera di Gianni Berengo Gardin. E poi le opere dei grandi fotografi contemporanei come Mario Cresci, Luigi Ghirri, Gabriele Basilico, Olivo Barbieri, Francesco Jodice.
Scuderie del Quirinale Via XXIV Maggio 16 Roma. Orario: tutti i giorni dalle ore 10 alle ore 20, lunedì chiuso. Fino al 3 settembre 2023