Si muove su diversi registri la mostra “Vita Dulcis – Paura e desiderio nell’impero romano ”, visibile fino al 27 agosto ’23 a Roma al Palazzo delle Esposizioni di via Nazionale. E’ stata curata da Stéphane Verger, prodotta dall’Azienda Speciale Palaexpo, ideata insieme con il Museo Nazionale Romano e lo Studio di Francesco Vezzoli che da tempo ha rivolto la sua attenzione all’arte antica e alle sue icone, mescolando cultura classica, solenne ed eterna al cinema, quello di “peplum” che tanto si è ispirato all’antica Roma e alla cultura pop. La mostra inaugura il nuovo corso del Palazzo delle Esposizioni che, come dice il suo presidente Marco Delogu, deve essere punto di riferimento per l’ideazione e la realizzazione di progetti espositivi nuovi, inediti, in grado di riportare Roma al centro della scena culturale internazionale del contemporaneo. Si deve venire a Roma non solo per il classico, ma anche per i nuovi linguaggi.
Le creazioni e le rielaborazioni di Vezzoli da un lato, i reperti antichi autentici provenienti dai depositi del Museo Nazionale Romano dall’altro e, come filo conduttore comune, il cinema, che tanto si è ispirato all’antica Roma con film di grande successo: da “Cabiria” di Giovanni Pastrone, primo colossal italiano del 1914 con sceneggiatura di Gabriele D’Annunzio, al “Satyricon” di Federico Fellini, al ”Gladiatore” di Ridley Scott, a “Spartacus “di Stanley Kubrick, a ”Sebastiane”di Derek Jarman.
E spettacolare come si conviene, date le premesse, è la mostra che gioca sull’inversione dei ruoli, sul dubbio fra il vero, il falso e il verosimile. E’certamente autentico l’”Ermafrodito dormiente” del II sec.d. C. di Palazzo Massimo, ma l’artista interviene sull’antico con acrilici, gesso, pigmenti, smalti. Ed ecco il ”Busto di Antinoo” della Collezione Boncompagni Ludovisi (nuca e busto II sec. d.C., ritratto XVII secolo), “Lo sguardo di Adriano” 2018 marmo romano (117 – 138 d. C.) e pittura acrilica. Oppure “Satyricon” testa in marmo romano (I secolo d.C.), pittura acrilica, foglie in plastica oro metallizzato, foglio di vite, nastro metallico. Ad ogni buon fine, per render più agevole la visita e per evitare incertezze ed equivoci ogni visitatore ha a disposizione un libricino, una vera e propria guida alla mostra, con tanto di pianta per orientarsi meglio.
Le sette sezioni della mostra
Salito lo scalone di accesso si entra nella Rotonda da cui si dipartono le sette sezioni della mostra. Su un’alta pedana campeggiano sei sculture luminose di grandi dimensioni realizzate nel 2012 dall’artista in collaborazione con la Fondazione Prada per il progetto 24H Museum presentato al Palais d’Iéna a Parigi. Sono “Afrodite”, “Venere Callipigia”, “Vibia Sabina”… trasformate in dive contemporanee. Quelle dive che Vezzoli ha coinvolto nei suoi progetti da Sharon Stone a Jeanne Moreau a Anita Ekberg…
Sulla sinistra si apre la prima sezione “Para bellum”. “Si vis pacem, para bellum” scriveva Vegezio incitando a garantirsi con mezzi adeguati la difesa per assicurare la pace . E’ il culto della guerra e l’esaltazione di un popolo e dei valori stessi della società romana. Ed ecco una distesa di basamenti dalle diverse forme che accolgono la figura divina di Marte, simbolo della guerra. Ci sono Alessandro Magno “il Grande”, il busto di un generale con un casco da ciclista in bronzo, ovviamente manipolato da Vezzoli, il busto di Domiziano nei panni di un combattente e al centro della sala la scultura di “Achille!”, un busto settecentesco truccato in chiave pop. E così via in un crescendo di sorprese e accostamenti spiazzanti fra moderno e antico, fra vero e falso, tra Guerra di Troia e frammenti de “Il gladiatore” e de “La calata dei barbari”, un lungometraggio del ’68 di genere storico del regista tedesco Robert Siodmak. E via continuando…
“Animula vagula blandula” s’intitola la seconda sezione che ci riporta ad Adriano e ad Antinoo, il giovane greco che incantò l’imperatore. Nel suo nome, alla sua morte, Adriano fondò una religione. Proviene da Palazzo Altemps il busto di Antinoo della Collezione Boncompagni Ludovisi, nuca e busto II secolo d. C. in marmo lunense, ritratto del XVII secolo. Un esempio antico di quelle integrazioni che l’artista Vezzoli predilige e che pone al centro di un’installazione concepita come rappresentazione dell’ossessione sentimentale. Una schiera di sei busti col volto di Antinoo truccato come David Bowie, mentre sulla parete di fondo scorre il film “Spartacus” (1960) di Stanley Kubrick.
A seguire “Dux femina facti”, la società romana e la donna, fondamentale all’interno della dimensione quotidiana e rituale, nonostante il forte impianto patriarcale della società romana. Ed ecco la statua di Venere di età imperiale dalle Terme di Diocleziano, la testa monumentale di Diana, II secolo. d. C. e integrazioni moderne delle stesse Terme e di Vezzoli “Non ho l’età”del ’23 in un un gioco d’incastro fra antico e contemporaneo. La testa di donna anziana in marmo di epoca Flavia, viene associata a una riproduzione in marmo rosa Portogallo del torso di Venere di Prassitele citato da molti artisti fra cui Yves Klein. E ancora la statua di “Venere pudica” di età imperiale dalle stesse Terme da cui provengono anche ex voto anatomici che testimoniano la dimensione rituale della donna nell’antichità. E scorrono le immagini di “Cleopatra” di Cecil B. DeMille del ’34 e di Mankiewicz (64) con Elisabeth Taylor.
E si prosegue con “Certa omnibus” il culto di divinità dell’oltretomba in epoca romana strettamente legato al credo che l’anima sopravvivesse alla morte del corpo. Quell’anima che libera discendeva nel regno di Ade da cui ogni tanto risaliva a vagare tra i vivi sulla terra. Le anime dei defunti nell’oltretomba erano dette Manes, nel senso di “i buoni, gli illustri”. La formula “dis manibus illius” si legge spesso nelle epigrafi funerarie. I Manes considerati affini alle divinità degli inferi. Ed ecco in un lungo corridoio con 47 lapidi funerarie provenienti dai ricchissimi depositi delle Terme di Diocleziano a cui fa da contrappunto la proiezione di “Cabiria” il film girato tra Torino, la Sicilia e la Tunisia in cui il tema della morte non esclude il ritorno in vita.
Erotismo, sensualità, carnalità hanno attraversato i secoli. Ed allora “Ridentem dicere verum”, ecco il “Satyricon” di Petronio e quello di Federico Fellini del ’69, la storia di Ascilto ed Encolpio fra peripezie e violenze carnali con la cena di Trimalcione al centro della scena. E attorno all’”Ermafrodito dormiente” di Palazzo Massimo teste e busti di personaggi storici, Il “Ritratto di Livia” di età giulio-claudia, prima metà del 1 sec. d. C., dalla Crypta Balbi, il “Ritratto di Traiano”110 d. C. da Palazzo Massimo.
Segue la sezione “Ubi potentia regnat”. Al centro della sala, su una struttura a ziggurat volti e busti di imperatori romani conservati alle Terme e a Palazzo Massimo: il “Busto di Adriano in corazza”, il “Ritratto di Marco Aurelio”, il “Ritratto di Settimio Severo”. Se sono loro la storia di Roma, Francesco Vezzoli lavora sui frammenti, una testa romana in marmo, un busto frammentato del XVII secolo, una colonna in marmo e gesso, pittura acrilica per realizzare modelli astorici. A fare da sfondo frammenti del film “Mio figlio Nerone” del ’56, una commedia ironica con Alberto Sordi, Vittorio De Sica e Brigitte Bardot e di tono completamente diverso “Nel segno di Roma” ’59 di Guido Brignone e Michelangelo Antonioni. A chiudere una rassegna intrigante, che farà discutere, l’ultima sezione “Mixtura Dementiae” ricca di ben 36 opere. E’ l’estetica del frammento, del danneggiamento dei reperti archeologici che tanto intriga l’amatore dell’antico. Sono i tesori dei depositi, capitelli, colonne, rilievi, leoni, ex voto… commentati dall’opera forse più famosa di Vezzoli “Trailer for a Remake of Gore Vidal’s Caligula” realizzata come promo di un film che in realtà non esiste. Presentata alla Biennale di Venezia del 2005, univa il cinema dei “peplum” all’antico.
Palazzo delle Esposizioni Via Nazionale 194. Orario: dal martedì alla domenica 10.00 – 20.00, chiuso il lunedì. Fino al 27 agosto 2023. Informazioni: tel. 06-696271 – www.palazzoesposizioni.it