Raggi X e ricostruzioni 3D rivelano le cicatrici lasciate dall’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. sulla scultura del Satiro Ebbro della Villa dei papiri di Ercolano e mostrano che l’opera è solo per metà originale: l’altra metà risente del restauro fatto nel ‘700. Emerge dalle ricerche fatte dal Museo Getty di Los Angeles, che ha restituito l’opera al Museo Archeologico Nazionale di Napoli (Mann) dopo un restauro durato 11 mesi e l’esposizione a Malibù di circa un mese.
Secondo l’Ansa, il restauratore Erik Risser del Paul Getty Museum di Los Angeles ha affermato: “Siamo partiti da un esame non invasivo del manufatto, usando varie tecniche, tra cui la radiografia in 3D, fatta da varie angolazioni che ci ha fornito scansioni che abbiamo ricomposto al computer”. L’esame “ha rivelato sia i punti di saldatura sia i punti di intervento settecentesco”.
L’opera in bronzo fu rinvenuta molto danneggiata nella Villa dei Papiri di Ercolano nel 1754 e restaurata pochi anni dopo. Le ricerche negli Usa hanno scoperto che “l’opera – ha spiegato Risser – è composta da 7 parti che sono state fuse separatamente dall’artista: le principali sono braccia, gambe e pube e poi ci sono le parti più piccole come i riccioli dei capelli che sono state unite con la saldatura, in modo da semplificare la procedura e usare meno bronzo”. Risser ha distaccato tutte le parti, le ha pulite e rinforzate internamente con supporti che ora risultano invisibili, per poi ricomporle.
Grazie alle indagini si è scoperto che l’opera è originale per il 50%, mentre l’altro 50% risente degli interventi settecenteschi. “La figura maschile è antica, come lo sono l’80% della faccia del leone e il 20% della parte posteriore dell’otre, ma – ha proseguito Risser – il resto è settecentesco, incluse le parti in bronzo fissate alla pietra, aggiunta anch’essa del ‘700”. L’intervento ha rivelato anche i segni dell’eruzione del 79 d.C sulla statua: “nella parte bassa della schiena la statua si è rotta e piegata, staccandosi dal supporto originale e in questo si vede l’evento violento che ha vissuto”.
La statua “adesso è più bella e più pulita ma il lavoro più importante è stato fatto all’interno per stabilizzarla: grazie a questo intervento credo che la sua vita si sia allungata di un altro secolo” ha detto Kenneth Lapatin, curatore del Getty Museum.
Il progetto svolto con il Mann, che è diretto da Paolo Giulierini, “ci permette di ‘vincere’ insieme, noi – ha aggiunto Lapatin – abbiamo l’opportunità di lavorare su queste fantastiche opere che tornano più stabili e belle, le mostriamo al nostro pubblico e con i nostri studi apprendendo molte notizie sulla loro storia”.
Il prestito dell’opera al Getty, dove era arrivata nell’ottobre 2018, è “frutto di un accordo stipulato nel 2005 tra Ministero dei Beni culturali e Getty Museum che prevede prestiti di lunga durata, con restauro ed esposizione nel Museo americano” ha spiegato Luisa Melillo archeologa, responsabile scientifico dei progetti di restauro svolti da Mann e Getty e assessore alla cultura del comune di Aversa (Caserta), dove oggi è prevista la presentazione delle scoperte. “Il progetto del restauro – ha aggiunto – viene elaborato dai colleghi del Getty insieme a noi, che abbiamo sempre scelto statue famose che richiedevano interventi che al momento non potevamo affrontare”.