Internet e i media tallonano scuola e università come fonti di formazione culturale dei giovani italiani. Lo affermano gli stessi appartenenti alle cosiddette Generazioni Y (18-32 anni) e Z (15-17 anni), ovvero Millennial e Centennial secondo un’altra delle definizioni correnti. È uno dei risultati dell’indagine condotta dal Centro Studi dell’Associazione Civita in collaborazione con Baba Consulting, nell’ambito del Rapporto Civita presentato ieri a Roma alla Galleria Nazionale.
L’indagine è stata condotta con un duplice approccio progressivo e convergente: una rilevazione campionaria di taglio quantitativo su 1.000 individui ed un’indagine qualitativa mediante interviste di natura etnografica ad un campione ristretto, utilizzando linguaggi e modalità di contatto adeguate al target. I ragazzi stessi, dunque, attribuiscono un ruolo chiave per la loro formazione culturale a scuola e università (70%), media e internet (50%), famiglia (48%), istituzioni (44%). Queste ultime appaiono distanti, in particolare agli occhi della Gen Z, a dimostrazione della scarsa percezione della dimensione sociale della cultura.
Quanto ai canali informativi che vengono privilegiati dai giovani per relazionarsi con contenuti di natura culturale, oltre 6 intervistati su 10 prediligono web e social network seguiti dal passaparola (33%), in linea con l’attuale pratica dello sharing. Rispetto alle offerte culturali, i consumi privilegiano quelle legate alle dimensioni della spettacolarizzazione e dell’intrattenimento: film e web series. Emerge una connotazione culturale maggiore fra coloro che hanno una formazione superiore umanistica.
Le offerte culturali ‘alte’, come il teatro e l’opera, sono minoritarie per la Gen Z che percepisce la musica come momento di condivisione con gli amici attraverso gruppi e communities, mentre la Gen Y preferisce un consumo privato, prediligendo generi attuali e commerciali.
La fruizione mediale passa, in prevalenza, dalle piattaforme di streaming online (Spotify e Youtube per la musica e Netflix per film e serie). La televisione occupa un ruolo marginale e andare al cinema non risulta particolarmente interessante, anche per i costi ritenuti troppo elevati. I fattori che frenano i consumi culturali giovanili vedono al primo posto i costi, per 6 giovani su 10, soprattutto Gen Y, e, a seguire, l’offerta scarsa, lamentata soprattutto dai residenti in centri minori, o inadeguata. In generale i giovani sono disposti a spendere soprattutto in ambito musicale e per i concerti dal vivo; molto apprezzate le iniziative incentivanti l’accesso come le aperture gratuite dei siti o gli abbonamenti agevolati.
Sul fronte delle produzioni creative, coloro che le praticano variano da un terzo a un settimo del totale e sono soprattutto i giovani della Gen Z, impegnati in ambiti quali fotografia, produzione audiovisiva e danza. Anche qui il costo è la barriera maggiore (39%), seguito dalla mancanza di luoghi e strumenti idonei alla pratica creativa (36%), dalla assenza di persone con cui condividere e co-produrre (33%) e, infine, dalla mancanza di supporto informativo per lo svolgimento delle attività creative (26%). In definitiva, strutture dedicate (in particolare laboratori pratici), tutorial e corsi sono ritenuti strumenti efficaci ad alimentare la produzione artistica. Il web, specie per i più giovani, rappresenta la fonte di ispirazione e supporto privilegiata per ogni attività culturale. Lo strumento privilegiato per la condivisione dei propri prodotti creativi è Instagram, seguito da Facebook e WhatsApp. Il tag è visto come forma di produzione creativa, a metà fra scrittura e disegno.
Fra le caratteristiche generali del campione si evidenzia che un’ampia quota (76%) vive con la famiglia di origine; il 93% è single (86% Gen Y) e solo il 4% ha figli. Il 41% è in possesso di laurea o titolo post lauream (in prevalenza scientifico) e, in termini occupazionali, il 14% del campione svolge un’attività lavorativa – oltre 4 Millennial su 10 sono occupati a tempo pieno – mentre 6 intervistati su 10 sono studenti. A fronte poi della complessiva connotazione social dell’intero campione e di una certa propensione all’internazionalità, i Millennial risultano ambiziosi e, al contempo, minati dalla precarietà e dal senso di frustrazione nei confronti del proprio futuro lavorativo ed economico, i giovanissimi della Gen Z, nativi digitali, si dichiarano ‘curiosi’ e ‘felici’. Questi ultimi vivono in modo energico la loro quotidianità, scandita dal desiderio di scoperta, sperimentazione del nuovo e voglia di esplorazione del mondo esterno alla propria dimensione, facendo uso di dispositivi tecnologici e digitali non solo per finalità ludiche.
Riguardo ai valori di riferimento, la socialità tende a polarizzarsi nell’ambito ristretto della famiglia, della cerchia di amici e delle relazioni amorose (pilastri sicuri ed inattaccabili in stretta connessione con la tradizione, cui il concetto di cultura si associa fortemente), con disinteresse e disaffezione per le istanze sociali e collettive. Emerge, dunque, il ritratto di una generazione confusa rispetto alla propria condizione, la cui definizione di sé passa attraverso gli interessi e le passioni individuali, ‘sono ciò che faccio’, e che non si riconosce in una classificazione generazionale, tanto che solo 2 su 10 conoscono il significato di Gen Y e Z.
Al fine di identificare come i giovani vivono la cultura, indipendentemente dal fattore anagrafico, l’indagine ha individuato quattro gruppi, sulla base delle risposte date rispetto alla descrizione di sé ed alle affinità valoriali, a partire dal più rappresentativo, ovvero i ‘Custodi’ (Millennials fra i 25 e i 32 anni di genere femminile) per i quali la cultura è vissuta come un sistema di saperi codificati ereditati e trasmessi dalle generazioni precedenti e, pertanto, di stampo conservativo-tradizionalista. Vi sono poi gli ‘Artefici’ (giovanissimi fra i 15 e 17 anni di genere maschile) caratterizzati da una visione della cultura come esplorazione di proposte e soluzioni originali e personalizzate, in discontinuità, ma non in conflitto, con i modelli trasmessi dai genitori e dalle agenzie istituzionali. Terzo gruppo quello dei ‘Cercatori’ (in prevalenza di genere femminile, ubicati nel Mezzogiorno) in bilico tra frustrazione per la complessità della propria condizione di vita e desiderio di stabilità, vivono la cultura come risorsa per la propria affermazione sociale e potenziale leva di crescita. Ultimo gruppo quello dei ‘Funamboli’ (cluster più istruito, ubicato nel Nord Ovest e dedito al lavoro) che percepiscono la cultura come complesso di conoscenze aperto e dinamico, in costante equilibrio fra tutela della tradizione e sperimentazione innovativa.