“Verrocchio il maestro di Leonardo”. 120 opere per due sedi prestigiose

da | 11 Mar 2019 | Arte e Cultura, Mostre ed Eventi

Foto: 1) Andrea del Verrocchio (Firenze, 1435 circa – Venezia, 1488) Madonna col Bambino e due angeli ( Madonna di Volterra) 1471-1472 circa; 2) Sandro Botticelli (Sandro di Mariano Filipepi; Firenze, 1445-1510) Madonna col Bambino e due angeli 1468 circa, tempera su tavola, cm 100 x 71. Napoli, Museo e Real Bosco di Capodimonte; 3) Andrea del Verrocchio (Firenz e, 1435 circa – Venezia, 1488) Madonna col Bambino 1470 o 1475 circa, tempera e olio su tavola, cm 75,8 x 54,6. 4) Allestimento prima sala.

“Verrocchio il maestro di Leonardo” è la prima retrospettiva in assoluto dedicata a una delle figure simbolo del Rinascimento. Promossa e organizzata dalla Fondazione Palazzo Strozzi e dal Museo Nazionale del Bargello con la collaborazione della National Gallery of Art di Washington DC, dove verrà presentata in forma diversa e ridotta dal 29 settembre al 2 febbraio 202o. E con il sostegno economico di banche, istituzioni e privati come i Friends of Florence. E’ accompagnata da un corposo e documentatissimo catalogo Marsilio, un punto fermo negli studi su Verrocchio e il suo tempo, ciò che resterà a memoria della mostra insieme al restauro di quattordici opere e degli ambienti che le accolgono come la Cappella Pappagalli della cattedrale di Pistoia. Per tutto il periodo della mostra sono in programma conferenze, laboratori, attività per giovani, adulti e famiglie, per scuole e insegnanti. E un invito a vedere la città con gli occhi di Verrocchio. Dalla Basilica di San Lorenzo con il monumento al “pater patriae” Cosimo de’ Medici, alla Basilica di Santa Croce con la lastra tombale terragna di Fra Giuliano Verrocchi, alla Chiesa di Sant’Ambrogio con la lapide che commemora la sepoltura di Andrea, le cui spoglie vennero riportate a Firenze da Venezia, dove era morto, da Lorenzo di Credi, allievo ed erede della bottega del maestro.

La rassegna ospitata in due sedi prestigiose per la prima volta insieme, Palazzo Strozzi ovviamente e il Bargello, è il contributo fiorentino alle celebrazioni per il cinquecentesimo anniversario della morte del genio di Vinci. Aperta dal 9 marzo al 14 luglio, è il risultato di quattro anni di lavoro di due eminenti studiosi dell’artista, Francesco Caglioti e Andrea De Marchi. Presenta 120 capolavori fra sculture, dipinti e disegni del Verrocchio, di precursori e di suoi contemporanei e discepoli, come Desiderio da Settignano, Domenico del Ghirlandaio, Sandro Botticelli, Pietro Perugino, Bartolomeo della Gatta, Lorenzo di Credi. Di Leonardo, di cui indaga gli esordi, sono presenti sette opere. Vi sono prestiti di grandi musei internazionali come il Metropolitan Museum di New York, il Louvre di Parigi, il Rijksmuseum di Amsterdam, il Victoria and Albert Museum di Londra, gli Uffizi. Elegante e sobrio l’allestimento, grande cura dell’apparato informativo e didascalico che non si limita ai dati relativi all’autore e alle opere, ma aggiunge elementi che aiutano a comprendere il modus operandi dell’artista e della bottega. Una mostra che apre una finestra sulla produzione d’arte a Firenze tra il 1460 e il 1490, l’epoca di Lorenzo il Magnifico, l’età dell’oro, ineguagliata e felice. E non facile da realizzare, infatti mai era stata tentata prima, che solo a Firenze si poteva fare visto i tanti segni lasciati in città dall’artista e densa di contenuti e sollecitazioni per gli studiosi e il visitatore attento e sensibile.

Andrea di Michele di Francesco Cioni (1434/1437 circa – 1488) detto il Verrocchio, per via sembra dell’apprendistato presso Giuliano Verrocchi o della frequentazione con la famiglia, il maggior artista attivo a Firenze dalla metà degli anni Sessanta del Quattrocento grazie al favore dei Medici, è un ingegno versatile e multiforme, sempre alla ricerca di nuove soluzioni formali e tecnologiche, portando avanti l’eredità di celebrati maestri come Masaccio, Brunelleschi e Donatello di cui è il grande continuatore. Profondo conoscitore dell’arte antica e della lavorazione dei metalli, sperimentatore infaticabile, eccellente disegnatore, è a capo di una numerosa e fiorente bottega in cui associa i giovani, frequentata anche da Leonardo da Vinci. E’ anche un tecnologo, come è stato detto. Sua la sfera in rame per la lanterna della cupola di Santa Maria del Fiore. “Fu ne’ tempi suoi orefice, prospettivo, scultore, intagliatore, pittore e musico”, scrive nelle “Vite” Giorgio Vasari, che però dopo aver tessuto i grandi meriti dell’artista definisce la sua maniera “alquanto dura e crudetta, come quello che con infinito studio se la guadagnò più che col benefizio o facilità della natura”. Come a dire che non aveva il dono divino e la naturalezza del genio. Una riserva che peserà sulla fortuna critica dei secoli a venire, oscurando la sua figura messa in contrapposizione a quella dell’allievo, l’incomparabile Leonardo, uno degli iniziatori della Maniera Moderna. Verrocchio artista sommo messo in ombra dall’eccellenza della sua scuola.

Questo grande maestro, forse anche perché maltrattato dal pubblico e dalla critica, non ha mai avuto una monografica. Un po’ per la difficoltà di presentare opere che si trovano sparse per la città, da Santa Croce, a Santa Trìnita, a Pistoia piuttosto che a Venezia dove in campo Santi Giovanni e Paolo svetta il monumento equestre a Bartolomeo Colleoni che morendo lascia incompiuto e nei più diversi musei del mondo. La mostra di Palazzo Strozzi ripara a questo silenzio e fa il punto della situazione degli studi. E di recentissime scoperte, come Leonardo scultore. E’ destinata sicuramente a far discutere la “Madonna col Bambino” 49 cm di altezza, che il Victoria and Albert Museum di Londra assegna ad Antonio Rossellino. Dal professor Francesco Caglioti è stata riconosciuta come opera di Leonardo. Si tratta di una terracotta senza traccia di policromia , “un unicum nel panorama della scultura italiana del Rinascimento come la si conosce oggi”, scrive Caglioti. “L’unico lavoro in rilievo che al momento, dopo circa due secoli di ricerche accanite e perfino disperate in mille direzioni per Leonardo scultore, si possa serenamente riconoscere ‘in toto’ alla sua autografia”, afferma. Attorniata in sala da disegni, tempere e studi di panneggi con figura di Verrocchio , di Fra Filippo Lippi e dello stesso Leonardo. “Tutto in Verrocchio è studiato. Dietro a ogni opera c’è un lavorio infinito”, scrive in catalogo Andrea De Marchi, ricordando come maestro e allievo si sfidassero nel catturare su tele di lino l’effetto della luce sui panni, simulato con stoffe bagnate plasmate su manichini. Viene dagli Uffizi il disegno di forma trapezoidale che anticipa quella dello stendardo con uno spiritello per la giostra di Giuliano, ricordato fra le opere eseguite da Verrocchio per i Medici. Il piccolo studio è attribuito a Verrocchio con la probabile collaborazione del giovane Leonardo.

La scoperta di un’inedita scultura di Leonardo si trova nell’ultima sala del percorso di Palazzo Strozzi che inizia con un vero e proprio colpo di teatro, tre ritratti femminili in prospettiva. In primo piano il busto di “Giovane gentildonna” di suprema eleganza di Desiderio da Settignano, il promotore del genere, e leggermente arretrati la “Giovane gentildonna” e “La dama dal mazzolino” di Verrocchio. Sulla parete di fondo, concesso in prestito dalla Regina Elisabetta II, un disegno di braccia e mani femminili e una testa maschile di profilo di Leonardo. Il foglio di Windsor sarebbe uno studio preparatorio per la “Ginevra de’ Benci”. E’ l’abbrivio di quello che attende il visitatore in un sapiente contrappunto fra scultura, pittura, disegno. Segue la sala degli eroi antichi e del David vittorioso del Bargello. Emblema di libertà, spavaldo e trionfante, ai piedi il capo mozzo del gigante Golia realizzato in un getto a parte. E alle pareti gli ovali di eroi ed eroine, a mezzobusto e di profilo dalla purezza di cammei antichi, Annibale, Scipione l’Africano, Alessandro Magno, Olimpia, opera di Desiderio, Verrocchio, Fra Filippo Lippi, Francesco di Simone Ferrucci. E ecco la “Madonna col Bambino e due angeli” tempera su tavola di Botticelli da Capodimonte a confronto con quelle di Verrocchio “Madonna col Bambino e due angeli” e “Madonna col Bambino” dalla Gemaldegalerie di Berlino accanto alla “Madonna di Volterra” della National Gallery di Londra da cui viene anche di Andrea e bottega e la deliziosa tavola “L’arcangelo Raffaele e Tobiolo” in cui si avverte la collaborazione di più mani, fra cui qualcuno ha visto Leonardo . E accanto il Verrocchio frescante con il frammento di una composizione più grande realizzata per San Domenico a Pistoia”. Molto ricca la sezione intitolata a Verrocchio pittore fra Ghirlandaio e Perugino con Bartolomeo della Gatta, Francesco Simone Ferrucci, Pintoricchio a testimoniare come il linguaggio di Verrocchio, grazie al Perugino, venga esportato in Umbria e poi a Roma e in Abruzzo. In mostra fra l’altro dalla Galleria Nazionale dell’Umbria le tavole con le Storie di San Bernardino della sagrestia di San Francesco al Prato di Perugino, Pintoricchio e Sante di Apollonio del Celandro. A seguire Verrocchio a Roma che, secondo Vasari, gioca un ruolo essenziale nella carriera dell’artista. Chiamato da Sisto IV decide di lasciare l’oreficeria per la scultura. Il momento propizio nella Cappella Sistina. Mentre Perugino e Ghirlandaio dipingevano le pareti di storie, lui innalzava sull’altare alcune statue di apostoli in argento. Fra i pezzi di notevole pregio il busto di Giuliano di Piero de’ Medici, fratello minore di Lorenzo morto a 24 anni nella congiura dei Pazzi, una terracotta anticamente dipinta che viene dalla National Gallery di Washington che mostra un giovane fiero e vitale con un corpetto riccamente decorato. E’ conservato a Berlino il “Giovane addormentato”, una terracotta con resti di colore di dimensioni minuscole, forse il mitico Abele o il mitologico Endimione condannato al sonno eterno in cambio dell’eterna giovinezza. O un meraviglioso bozzetto visto che alcune parti sono rifinite, altre plasmate frettolosamente. E’ del Bargello il fregio scultoreo, ispirato ai sarcofagi antichi, lungo quasi due metri, di Francesco di Simone Ferrucci che rappresenta scene legate alla morte di Francesca Pitti Tornabuoni. E così di seguito, da Verrocchio ai suoi allievi di talento. Come Michele Marini da Fiesole che scolpisce due bronzetti, due scudieri conservati ai Musei Capitolini. Quindi lo splendido “Putto col delfino” o “Spiritello con pesce”, 70 cm di bronzo al centro di una fontana che sembra danzare libero nell’aria. Creato da Verrocchio per la villa medicea di Careggi, spostato poi in Palazzo Vecchio, è stato sottoposto a un accurato restauro. Infine le due grandi imprese per Pistoia, la “Madonna di Piazza” per la cappella omonima eretta presso il Duomo dal vescovo Donato de’ Medici e il cenotafio del cardinale Niccolò Forteguerri per il Duomo. Commissioni che vennero eseguite da Lorenzo di Credi e Francesco di Simone Ferrucci, avendo l’artista lasciato la bottega per il trasferimento a Venezia per lavorare al monumento equestre di Colleoni.

Una sezione speciale a conclusione in due sale a pianterreno del Bargello che conserva nel medievale Palazzo del Podestà la più importante collezione di opere scultoree rinascimentali al mondo. Sette secoli di sculture e arti decorative con pezzi di Donatello, Brunelleschi, Giambologna, Luca della Robbia, Verrocchio. Da un lato il gruppo bronzeo dell’”Incredulità di San Tommaso”, dall’altro la sezione dei Crocefissi. “L’incredulità di San Tommaso” commissionata per decorare la nicchia centrale di Orsammichele, appartenente al Tribunale di Mercanzia, che aveva ospitato il “San Ludovico di Tolosa” di Donatello, fu inaugurata nel 1483, consacrando l’artista scultore di successo. Elogiata dagli eruditi del tempo, “la più bella testa del Salvatore ch’ancora si sia fatta”, scrive il cronista Luca Landucci, diede avvio a una nuova immagine di Cristo misericordioso che verrà imitato da allievi, seguaci e avversari per mezzo secolo in busti in terracotta e gesso. In mostra esemplari del Verocchio in terracotta dipinta, di Pietro Torrigiani e Agnolo di Polo de’Vetri. Splendido il “Compianto sul Cristo morto”, un gesso moderno, calco da un originale del 1475 – 1480, che viene da Berlino, con una storia incredibile dietro. Si crede che l’originale sia bruciato insieme ad altre 1500 sculture nel 1945, trasferito in Unione Sovietica, è stato per settant’anni nei depositi del Museo Puskin a Mosca. L’ultima sala è dedicata ai Crocifissi di Verrocchio e dei suoi concorrenti. La bellezza sontuosa del Cristo che il Verrocchio supremo plasticatore realizza nel bronzo non era facile tradurre nel legno del Crocifisso. Eppure Vasari ricorda che lo fece. L’unico di sua mano in mostra è in legno intagliato, sughero, gesso e lino dipinto, molto leggero, adatto per le processioni. Scoperto nel 1994 in un deposito della Confraternita di San Francesco Poverino a Firenze, oggi è conservato al Bargello. A contorno le opere di suoi seguaci come Andrea Ferrucci e delle botteghe dei legnaioli suoi rivali, i fratelli Giuliano e Benedetto da Maiano e Giuliano e Antonio il Vecchio da Sangallo.

Palazzo Strozzi, Piazza degli Strozzi Firenze. Orario: tutti i giorni dalle 10.00 alle 20.00, giovedì 10.00-23.oo. Fino al 14 luglio 2019. Informazioni: te. 055-2645155 e www.palazzostrozzi.org