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Restauratori, l’appello a Bonisoli: modifichi il decreto

da | 4 Feb 2019 | Arte e Cultura

Sono oltre trecento i grandi nomi del restauro e della storia dell’arte (dal direttore dell’Istituto centrale del restauro Luigi Ficacci al direttore dell’Opificio delle pietre dure Marco Ciatti e alla presidente del corso di laurea in Beni culturali e restauro dell’Università Urbino, Laura Baratin) che hanno lanciato un appello al ministro della Cultura Alberto Bonisoli per modificare il decreto relativo ai restauratori. “Se lo schema non verrà rivisto e la norma ridiscussa – sostengono unanimi – cadrà in breve tempo la qualità dell’approccio italiano alla conservazione del patrimonio artistico, con l’immissione sul mercato di una massa di operatori non adeguatamente preparati”. La questione è particolarmente importante, fanno notare i promotori dell’appello: “È un mercato destinato a divenire saturo per i prossimi decenni di operatori non adeguatamente qualificati, sottraendo spazio a studenti che investono di tasca propria migliaia di euro in tasse universitarie per poter acquisire competenze e titolo ed esercitare la professione per cui si sono formati”. Ma un danno aggiuntivo, difficile da percepire e tuttavia concretamente incombente, sarebbe la vanificazione dell’investimento effettuato per molti anni dallo Stato italiano nella formazione d’eccellenza delle SAF (Scuole Alta Formazione): in sostanza, uno spreco di denaro pubblico, ovvero dei contribuenti. L’effetto di risonanza sarà che, per analogia a questo pericoloso decreto, qualsiasi altra professione che richiede una formazione specialistica, si potrà in futuro svolgere attraverso l’accesso di una prova abilitante senza una adeguata formazione. Lo schema di decreto relativo al «Regolamento interministeriale recante la disciplina delle modalità per lo svolgimento della prova di idoneità, con valore di esame di Stato abilitante, finalizzata al conseguimento della qualifica di restauratore di beni culturali, in attuazione dell’articolo 182, comma 1-quinques del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modificazioni, Codice dei beni culturali e del paesaggio» è stato il tema centrale alla Conferenza Unificata Stato-Regioni. “Nella sua forma attuale la norma rischia di immettere sul mercato più del triplo tra i professionisti formati e quelli sanati attualmente operanti, prevedendo prove e requisiti non adeguati al principio, sancito dal codice stesso, dell’esercizio unitario delle funzioni di tutela” affermano gli esperti. Ora come ora i restauratori possono acquisire la qualifica e la specializzazione in tutti i settori che desiderano con una sola prova d’idoneità. Possono accedere a questa prova candidati provenienti dai più svariati percorsi, sia dunque chi ha ottenuto un diploma di laurea affine ma diverso da quello abilitante, sia chi non ha completato gli studi limitandosi a un po’ di pratica. Il che, viene obiettato, creerebbe delle disparità di trattamento con tutti coloro che fino ad oggi per ottenere il titolo di restauratori hanno discusso una una tesi di laurea a seguito di circa 8.000 ore di competenze acquisite tra didattica e pratica di cantiere. Al fine di introdurre procedure e strumenti di valutazione in grado di garantire un processo di certificazione statale idoneo rispetto a quelli previsti nella bozza all’esame della Commissione, è in corso un tentativo di emendamento del testo che meriterebbe grande attenzione da parte del MIBAC e del MIUR attraverso la Direzione Generale Educazione e Ricerca. La questione è particolarmente importante in considerazione del grave rischio che verrebbe a correre il restauro italiano e il patrimonio culturale.

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