Con lordinanza n. 1413 depositata il 18 gennaio dalle Sezioni Unite civili della Cassazione è stato accolto il ricorso sollevato dal MiBAC: la nomina dei direttori dei musei archeologici nazionali è una procedura di selezione a carattere prettamente fiduciario.
Ricostruiamo i fatti. Nel 2017 il Ministero dei beni e delle attività culturali, guidato da Dario Franceschini, si era appellato alla Corte di Cassazione contro la sentenza del Tar di Roma che aveva dichiarato inammissibile, a causa del ritardo, la contestazione del Ministero alla richiesta di annullamento delle nomine (nella loro fase selettiva) dei direttori dei musei archeologici di Napoli, Reggio Calabria e Taranto. Questa richiesta era stata effettuata dallarcheologa Irene Berlingò.
Effettivamente la procedura di selezione potrebbe sembrare concorsuale, poiché vengono valutati i curricula dei candidati da una commissione. Ma questo serve per scremare i candidati e trovare i nomi più papabili che vengono poi giudicati, tramite un colloquio, dal ministro o dal direttore generale; di conseguenza, la nomina avviene su base fiduciaria. Secondo la Suprema Corte questo passaggio conferisce il carattere sostanzialmente non concorsuale alla procedura di interpello.
Inoltre, la giurisdizione di eventuali casi simili, dora in avanti, non spetta al giudice amministrativo ma a quello ordinario, come richiesto dal ministero.
Questa rappresenta unaltra importante vittoria; già lo scorso anno contro la sentenza del Tar del Lazio, il MiBACT aveva avuto la meglio. La questione in quel caso era la nomina del direttore di Palazzo Ducale a Mantova, laustriaco Peter Assmann. Il Consiglio di Stato decise, con la sentenza depositata il 25 giugno 2018, in favore della riforma Franceschini sulla possibilità di direttori stranieri nei musei italiani.