L’Opera di Roma apre la stagione con “Rigoletto” ambientato nel ‘900

da | 28 Nov 2018 | Arte e Cultura, Mostre ed Eventi

Foto: Prove del Rigoletto – Il regista Daniele Abbado con il maestro Daniele Gatti

La prima opera in scena per la stagione 2018-19 del Teatro dell’Opera di Roma è un nuovo allestimento di “Rigoletto” di Giuseppe Verdi (8 recite tra il 2 e il 18 dicembre), la prima domenica 2 dicembre alle ore 18, l’anteprima “vietata ai maggiori di 26 anni” venerdì 30 novembre alle ore 19. Sul palcoscenico Roberto Frontali duca di Mantova, Lisetta Oropesa Gilda, Riccardo Zanellato Sparafucile, alla bacchetta Daniele Gatti, regia Daniele Abbado, maestro del coro Roberto Gabbiani, scene e luci Gianni Carluccio, costumi Francesca Livia Sartori ed Elisabetta Antico. Una versione “politica” che ambienta il melodramma negli anni Quaranta, nella Repubblica di Salò. Non per fare un’operazione ideologica né una ricostruzione storica, ma per sottolineare i contenuti politici del capolavoro di Verdi, precisa il regista Abbado. E il maestro Gatti assicura un’esecuzione il più possibile fedele a Verdi, senza gli acuti non scritti e con grande attenzione alla drammaturgia. E i due Daniele danno appuntamento al pubblico sabato prossimo alle 11.30 per raccontare la loro lettura dell’opera di Verdi. Sono queste le maggiori novità dell’edizione del rigoletto del Costanzi.

Piuttosto travagliata, come è noto, la redazione dell’opera, amatissima dalla gente, libretto di Francesco Maria Piave da “Le roi s’amuse” di Victor Hugo. La prima andò in scena alla Fenice di Venezia l’11 marzo 1851 con un successo enorme. “La donna è mobile” che Verdi aveva tenuto segreta fino a quella sera fu ripetuta tre volte. Un’opera popolarissima, che ha subito gli strali della censura. Fu necessario cambiare il titolo, “La maledizione”, e i personaggi. Francesco primo divenne un Gonzaga e poi un anonimo Duca di Mantova. Soprattutto all’inizio venne apprezzata più dal pubblico che della critica.

Siamo di fronte a “una lettura inaspettata e inedita”, spiega il Sovrintendente Carlo Fuortes alla presentazione nel foyer di fronte a molti cantanti del cast fra cui il protagonista Roberto Frontali e il direttore Gatti e il regista Abbado per la prima volta impegnato al Costanzi. “Per l’inaugurazione è stata fatta una scelta diversa dagli ultimi anni quando si è preferito opere che non fossero del grande repertorio, come la”Damnation de Faust” dell’anno scorso e il “Tristano” di due anni fa, precisa Fuortes che sottolinea i buoni risultati dell’anno appena trascorso. “Una stagione da incorniciare”, dice. È stato registrato un incremento d’incassi del 26% pari a quasi 14 milioni netti. Uno sviluppo che si deve al pubblico essendo stazionari se non in calo i finanziamenti.

Il titolo è stato caldeggiato dal maestro Gatti che 15 anni fa lo ha diretto a Bologna, ma all’inizio “ci lasciava un po’ perplessi”, è ancora Fuortes a parlare, invece si è rivelato una scelta azzeccata perché in linea con la visione che l’Opera di Roma sta portando avanti del teatro musicale. Dopo aver visto le prove dice che la ricerca ha gettato una luce nuova su quest’opera. Perché Rigoletto? “Tutti lo conoscono, è nel sangue, una magnifica composizione, quasi una sfida”, risponde Gatti. “Sono ripartito dal punto zero”, confessa. Rigoletto è un’opera scritta in maniera quasi seriale, con un miscuglio di generi, dal comico al grottesco inseriti in un impianto drammatico in cui ogni nota ha un significato. Ogni personaggio, ogni situazione sono connotati da Verdi secondo uno schema preciso, la sua è una costruzione architettonica perfetta. Per questo, dice il maestro, non basta interpretare il segno scritto, bisogna essere vicino al pensiero. E ci si accorge allora che sta sbocciano “un’opera avveniristica, moderna”. Ma spesso disattesa in nome di una tradizione esecutiva che si è incrostata negli anni. Roberto Frontali, un Rigoletto di consumata perizia, sa che occorre entrare nello stato d’animo del personaggio e Lisetta Oropesa, che ha cantato Gilda tante volte, dice che Gatti gli ha insegnato “come farlo per la prima volta”.

Il lavoro fra maestro e regista è iniziato un anno e mezzo fa, facilitato dal fatto che entrambi, Gatti e Abbado abitano a Milano. Un progetto nato a quattro mani anche perché questa è la quarta opera che fanno insieme, dopo essere stati a Santa Cecilia e al Maggio Musicale Fiorentino. Gatti parla di note, Abbado di parole. E spiega. Rigoletto è un’opera che sembra scritta nel ‘900, in cui si distinguono due mondi, quello del duca e quello di Rigoletto. Succede che i personaggi riflettano cantando o parlando di cosa accade nella loro esistenza. Rigoletto fa prevalere la sua verità, erge dei muri per proteggere ciò che ama, disprezzando il mondo esterno. Ma i muri non separano dalla menzogna e vengono a galla le contraddizioni. Non c’è perdono, non c’è dialettica degli opposti, non c’è dialogo, secondo Abbado. Rigoletto è un personaggio comico e satanico, feroce, che nasce dal pessimismo di Verdi.

E allora il regista ha pensato di inserire la storia nei regimi del ‘900, perché col passare del tempo “si è scolorito” l’aspetto politico del personaggio. Altrimenti non si può dare un senso alla maledizione di Rigoletto, che non è superstizione. “Il contesto fa percepire il pericolo, l’irragionevolezza”, afferma il regista. E prosegue. Non c’è una ricostruzione storica, bisogna sforzarsi d’immaginare cosa è il passato che Rigoletto nasconde, come è arrivato a essere buffone e servo del duca e maestro di vita. Rigoletto fa il buffone, ma nella sua vita precedente forse era un attore di varietà o il figlio di un prefetto della Repubblica di Salò. “Può essere una congiura politica, ma non vedrete – assicura – una ricostruzione storica, siamo a teatro non al cinema o alla tv. C’è un impianto scenico, una sorta di architettura molto italiana, ma tutto è esposto con mezzi semplici, narrativi”.

Teatro dell’Opera di Roma, Piazza Beniamino Gigli, 1 – Prima Domenica 2 dicembre ore 18. Informazioni e prenotazioni tel. 06-48160. 312 – 533 – 528 e promozione.pubblico@operaroma.it