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“Venezia sposa il mare”, restaurata la fontana del Giardino di Palazzo Venezia

da | 16 Set 2018 | Arte e Cultura, Conservazione e Tutela

“Per la disinfestazione del giardino di Palazzo Venezia è stato usato olio di essenza di origano, senza intaccare le piante antiche”. Non commercializzato in Italia, si usa in Vaticano, è “un’invenzione americana”. A rivelarlo durante la conferenza stampa per la presentazione del restauro della fontana “Venezia sposa il mare” è Luca Vincenzo Pantone che con la sua équipe ha eseguito il lavoro utilizzando sempre e soltanto materiali naturali, compatibili e atossici. Come la sconosciuta essenza di origano. Le fontane, ricorda Fantone, sono monumenti vivi, che si nutrono di acqua e aria e hanno bisogno di molte cure. Prima per il restauro delle superfici si usavano malte cementizie molto resistenti, ma che si scontravano con il travertino. Oggi si utilizzano materiali compatibili che durano lo stesso tempo del travertino della fontana e non di più.
Era l’8 febbraio quando nella Sala Altoviti di Palazzo Venezia venne presentato il restauro della fontana che orna il giardino, liberato dalla incongrua presenza delle vetture del personale che lo avevano trasformato in un parcheggio. Allora si disse che il cantiere, aperto e visibile a tutti, avrebbe concluso i lavori in sei mesi. E alla scadenza, nei tempi stabiliti, la fontana restituita a nuova vita, è tornata a zampillare al centro del giardino, dopo aver ritrovato il suo colore e il suo modellato originario, grazie all’intervento di un mecenate a capo di un’impresa privata, nel rispetto delle reciproche competenze. Tramite la società veneta di comunicazione “Fondaco” che si occupa di valorizzare il patrimonio storico, artistico e culturale (in 14 anni ha promosso 78 progetti in Italia), l’azienda Rigoni di Asiago, presente in sala l’ad Andrea Rigoni, è intervenuta in Palazzo Venezia sostenendo il cantiere che è stato seguito da una webcam pubblicata in tempo reale su una piattaforma web. E’ previsto anche un monitoraggio post lavori.
L’ azienda leader nella produzione biologica del miele e delle confetture di qualità non è nuova a imprese simili avendo finanziato nel 2015 l’importante recupero dell’atrio dei Gesuiti a Milano, entrata storica del palazzo di Brera, e nel 2017 in Palazzo Ducale il restauro dell’originale della statua di San Teodoro, primo patrono di Venezia. Rigoni di Asiago è intervenuta non solo come sponsor, precisa Edith Gabrielli direttrice del Polo Museale del Lazio, ma partecipando a “una vera e propria operazione culturale” legata al progetto di sviluppo del Palazzo tornato al centro della vita civile della città, di cui il giardino aperto al pubblico fino al tramonto è l’emblema più significativo.
E’ facile intuire perché Palazzo Venezia ha suscitato l’interesse di Rigoni, tanti sono i motivi che legano il più importante edificio rinascimentale di Roma a Venezia. Il complesso, insieme alla Basilica di San Marco fu voluto dal cardinale veneziano Pietro Barbo, papa Paolo II e già vescovo di Vicenza, di proprietà pontificia fino al 1564, venne ceduto da Pio IV Medici alla Repubblica di Venezia che vi stabilì la propria ambasciata. Per questo è detto Palazzo di Venezia. E ambasciata veneziana rimase per più di due secoli, fino al Trattato di Campoformio del 1797 che sanciva la fine della Serenissima. Poi l’edificio passò all’Austria, sempre come sede diplomatica e tornare all’Italia nel 1916. Una storia antica di grande prestigio. Ma essendo stato sede del quartier generale del governo durante il “ventennio”, per molto tempo è stato messo all’indice, come se vent’anni potessero cancellare i secoli. Il rilancio partito alcuni anni fa, ha subito negli ultimi tempi un’accelerazione culminata anno scorso con la possibilità di visitare, percorrendo una stretta scala a chiocciola di una sessantina di gradini, l’altana panoramica, mai aperta al pubblico, a lungo regno di Silvano Germoni, il grande restauratore delle Armi Odescalchi. E attraverso un’altra scala sempre a chiocciola, di raggiungere i sottotetti, quindi passando sopra la Sala delle Battaglie e la Sala Regia, giungere al camminamento di ronda sui merli, percorrendo il perimetro del palazzo. Con una strepitosa visione dall’alto a 360 gradi della città, fra cupole e palazzi e in fondo il Colosseo. E regalo inatteso per romani e turisti poter disporre, durante l’apertura del museo, del giardino con ingresso da via del Plebiscito, via degli Astalli e piazza San Marco.
La fontana al centro del giardino, che poneva fine alla mancanza d’acqua corrente del palazzo, fu realizzata nel 1730 dallo scultore stuccatore Carlo Monaldi per volere dell’ambasciatore veneto Barbon Morosini. Papa Alessandro VIII Ottoboni, infatti, aveva donato sei once d’acqua provenienti dall’acquedotto Paolo, una donazione rinnovata da papa Benedetto XIII Orsini, stessa quantità ma acqua Vergine proveniente da Trevi. La fontana doveva rappresentare, secondo il committente, la Reale Città d’Adria mentre getta in mare l’anello in segno di dominio. Dello scultore si hanno scarse notizie, sappiamo che vinse quattro volte i concorsi dell’Accademia di San Luca di cui fu membro e che sue opere si trovano in numerose chiese di Roma, da San Marco a San Pietro, al Pantheon e nella basilica di Mafra in Portogallo.
La fontana, punto focale della “corte grande” del palazzo, è formata da una grande vasca ellittica, con un bordo a fior di terra ed è fiancheggiata da un corridoio con due lunghi sedili in pietra ingentiliti da quattro puttini, che sostengono gli stemmi dei territori d’oltremare conquistati da Venezia: Cipro, Dalmazia, Morea e Candia. Al centro, su una doppia conchiglia, la statua in marmo che raffigura Venezia, sulla testa il corno dogale, nell’atto di gettare in acqua l’anello per lo Sposalizio del Mare. Una cerimonia che si tiene il giorno dell’Ascensione (il giorno della Sensa), a ricordo della conquista della Dalmazia da parte delle navi veneziane guidate dal Doge Pietro Orseolo iI il 9 maggio dell’anno 1000. E che si è ripetuta per più di mille anni. L’ultimo Sposalizio del Mare della Repubblica di Venezia fu nel 1796 sotto il doge Ludovico Manin. Oggi continua come festa tradizionale. Per essa Poste Italiane ha realizzato uno speciale annullo filatelico con Piazza San Marco a Venezia e Palazzo Venezia a Roma.
Molti nel tempo sono stati gli interventi che si sono succeduti sulla fontana, fra cui quello di Giovanni Prini che restaurò le figure del gruppo centrale arricchendola di piccole sculture decorative. A lui si deve probabilmente la conchiglia bivalve che sostituiva la fontanella a pilone e tre delfini. Il restauro della fontana, spiega Sonia Martone, direttrice di Palazzo Venezia, che ha seguito direttamente i lavori, s’inserisce in un progetto mirato ad approfondire la conoscenza dell’opera. Essendo all’aperto e sottoposta all’azione dell’acqua presenta numerosi fattori di degrado, dovuti all’inquinamento, agli agenti atmosferici, all’acqua stessa. Varie le competenze chiamate in causa, restauratori, architetti, esperti di paesaggio, impiantisti, illuminotecnici. Si è passati dal recupero dei frammenti scultorei, alla bonifica delle superfici lapidee per contrastare l’azione di erbe infestanti, in specie alghe, muschi e licheni, alla rimozione di concrezioni calcaree, alla pulitura chimica e meccanica, fino al ricollocamento dei frammenti e alle integrazioni necessarie e a una nuova mappatura, al controllo dell’impianto idrico e infine all’applicazione di un protettivo traspirante e impermeabile.
Museo Nazionale di Palazzo Venezia, Via del Plebiscito, 118 Roma. Informazioni www.museopalazzovenezia.beniculturali.it

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