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‘Eternal city’. Roma dalla metà dell’Ottocento all’età contemporanea in 200 foto del RIBA

da | 9 Lug 2018 | Arte e Cultura, Mostre ed Eventi

Foto: Edwin Smith, Fragments of the colossal statue of Constantine the Great, Palazzo dei Conservatori. Gelatine silver print, 1954. RIBA Collections

Estate all’insegna della fotografia quest’anno a Roma. Presente non solo al Palazzo delle Esposizione in cui ha da sempre diritto di cittadinanza, dove sono in scena fino a settembre le immagini delle donne fotografe del Novecento, ma anche all’Ara Pacis con al centro le Mura Aureliane ritratte da Andrea Jemolo a confronto con le foto storiche all’albumina conservate nell’Archivio Storico Capitolino che raffigurano importanti monumenti di Roma antica e provengono dal fondo costituito fra il 1864 e il 1877 dall’inglese John Henry Parker.

Ed ecco l’ultima rassegna in ordine di tempo, appena inaugurata nella sala Zanardelli del Vittoriano. Ha come oggetto la città eterna, “Eternal city”, vista ancora con gli occhi degli inglesi (fino al 28 ottobre, catalogo Skira editore) Ritrae Roma dalla metà dell’Ottocento all’età contemporanea, in modo da consentire la visione della città nel succedersi delle epoche e nei suoi più diversi aspetti, dall’antico al moderno, dai paesaggi urbani alle atmosfere.

La mostra, promossa nell’ambito di Art City dal Polo Museale del Lazio guidato da Edith Gabrielli, presenta 200 fotografie del RIBA (Royal Institute of British Architects), ed è curata da Gabriella Musto che dirige il Vittoriano e da Marco Iuliano che vive da dieci anni in Inghilterra, attualmente professore all’Università di Liverpool, in collaborazione con Valeria Carullo curatrice dell’archivio della collezione del RIBA. L’istituto fondato a Londra nel 1834, è un importante ordine professionale con lo scopo di promuovere l’educazione alla qualità dell’architettura dentro e fuori la Gran Bretagna e possiede una collezione fotografica enorme, un milione e settecentomila fra positivi e negativi. Con esemplari rari della prima fase della storia della fotografia e un album intitolato “Roma” appartenuto a Lady Eyre che abitava al numero 27 di piazza di Spagna. Si tratta di una collezione di stampe all’albumina di grande formato. Interessante la collezione di Ralph Deakin (1888-1952), che ha una visione lirica della città. Corrispondente del “Times” a Roma e fotografo per passione, annota i suoi punti di vista in una mappa dell’Enit. Documentano le demolizioni in epoca fascista le foto dell’”Architecres Journal” e dell’”Architectural Review”.

Il progetto partito tre anni fa ricostruisce l’immagine della città attraverso le foto in gran parte in bianco e nero di otto fotografi britannici molto noti, dalle origini del nuovo “medium” ai giorni nostri, come James Anderson, Tim Benton, Richard Bryant, Ralph Deakin, Ivy an Ivor de Wolfe, Monica Pidgeon, Edwin Smith, accanto ad altri meno conosciuti. Tutti hanno fermato sulla pellicola i contorni di una città che stava impercettibilmente cambiando, mantenendo però inalterato il suo fascino. Particolare attenzione è stata rivolta al periodo in cui la fotografia compie i primi passi, nel momento di passaggio dallo Stato Pontificio allo Stato unitario. Ai visitatori del Vittoriano, circa tre milioni l’anno, il 70% stranieri, si offre così una documentazione che si snoda dall’ottocento ad oggi, con una ovvia predilezione per la rappresentazione delle architetture vista la connotazione specialistica dell’Archivio. Architetture antiche, ma anche moderne. Nel percorso di visita sono inclusi tre filmati realizzati da registi amatoriali britannici, i primi due girati a Roma fra il ’61 e il ’74 e il terzo “Sinfonietta urbana” realizzato nella tradizione delle sinfonie urbane degli anni Venti e Trenta del Novecento, tutti musicati da Enrico Moccia.

Alla metà dell’ottocento sulle pagine dell”Art -Journal” Richard Wheeler Thomas pubblica il reseconto dei quattro mesi trascorsi nella città eterna, citando i luoghi di ritrovo dei “Roman fotographers”, luoghi privilegiati come la trattoria Lepre e il Caffè Greco, e fa il nome di alcuni colleghi attivi a Roma, Giacomo Caneva, Eugène Constant, Fréderic Flachéron e dei due britannici residenti in città fin dalle origini della fotografia James Anderson e Robert Turnbull Macpherson. Sono i pionieri di una fotografia agli albori che richiede lunghi tempi di posa, l’ideale per ritrarre i monumenti e le antichità. “A partire dal 1901 la presenza dei visitatori dal Regno Unito si consolida con la fondazione della British School at Rome che, nella sua biblioteca e nei suoi archivi annovera rare stampe, fotografie e volumi sulla topografia di Roma, in particolare grazie all’impegno di Thomas Ashby che fu direttore della Scuola dal 1906 al 1925”, scrive in catalogo Iuliano.

200 le fotografie selezionate per la mostra fra decine di fotografi e migliaia di immagini che vanno dalle origini del nuovo “medium” in poi. La prima impressione guardandole è di politezza, nitore, luminosità. Una città che appare splendida come non mai nella dimensione di un’eterna bellezza che niente e nessuno può scalfire. Le quattro sezioni sono introdotte dal testo di uno scrittore, di un poeta che propone una sua personale interpretazione dell’Urbe. “Che luminoso mezzogiorno era, quando andammo via! Il Tevere non era più giallo, ma blu. I vecchi ponti avevano un colore rosato, che li rendeva di nuovo forti e giovani. Il Pantheon con la sua facciata maestosa, solcato e corrugato come un vecchio viso, era illuminato dalla luce estiva sulle sue mura malconcie. Ogni misera e desolata casupola della Città Eterna appariva nuova e gioiosa con la luce del sole”, scriveva Charles Dickens nel 1846.

La città ha stimolato sempre l’immaginario degli artisti, una calamita per pittori e incisori dal Rinascimento in poi tra memoria dell’antico e sperimentazione del moderno. La nuova tecnica fotografica in particolare si sviluppa nel periodo in cui si costituisce lo stato nazionale unitario. Le prime fotografie ottocentesche raccontano una città pittoresca, in bilico fra modernità e tradizione. I soggetti non differiscono troppo da quelli dei vedutisti. Si racconta di pittori/fotografi, di uscite in gruppo come facevano i XXV della Campagna Romana, certo è che tuti prediligono gli stessi luoghi, le stesse inquadrature come il Foro o Trinità di Monti vista da Via dei Condotti. E William Henry Fox Talbot dice di “essere un girovago” nell’Italia classica.

Molto corposa le sezione dedicata alle antichità di Roma e alla città storica rinascimentale e barocca. Il Foro Romano, l’Atrio della Casa di Vesta, l’Arco di Settimio Severo, il Colosseo fotografato nel 1900 da Domenico Andersen con buona parte dell’arena e nel 1970 da Edwin Smith con i sotterranei completamente in vista. Se le foto ottocentesche dei precursori sono intrise del fascino della memoria, quelle del novecento, paradossalmente meno conosciute, sono una vera e propria scoperta e inquadrano spesso i set prediletti del cinema. Da Risi a Rossellini, Fellini, Visconti, Lattuada, Pasolini fino a Sorrentino della “Grande bellezza”. Sono immagini senza tempo che rimandano l’idea di una città che vive nella dimensione dell’armonia. Che non è solo prerogativa della classicità, qualche volta può essere anche incarnata nel moderno e nel contemporaneo. Ed ecco le foto dell’Istituto Industriale per le figlie dei postelegrafonici della Garbatella di Domenico Andersen, del Vittoriano e del Palazzo della Civiltà Italiana di Tim Benton che si muove in città guidato dall’istinto e dalle guide rosse e azzurre del Touring Club Italiano. Del Palazzo dello Sport di Edwin Smith, dell’Ambasciata britannica di Bruno De Hamel, della Stazione Termini deserta di Marion Johnson. Fino alle opere di architetti internazionali come Meier, Hadid e Renzo Piano. In una foto la cupola di San Pietro appare sullo sfondo, in lontananza, in primo piano i covoni e un campo dalla vegetazione incolta. Quando attorno a Roma c’era la campagna.

Il Vittoriano, Piazza d’Ara Coeli, Roma. Orario: tutti i giorni dalle 9.30 alle 19.30, fino al 28 ottobre 2018. Informazioni: www.art-city.it

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